mercoledì 28 novembre 2007

Suds













"SUDs"
L'identità plurale del Mezzogiorno
1° Salone della Piccola e media Editoria meridionale
Padiglione 71 Fiera di Foggia, 30 novembre/1-2 dicembre


Con la collaborazione di
Regione Puglia
Provincia di Foggia
Comune di Foggia-Assessorato alla Cultura
Banca della Campania


Comitato Scientifico
Michele Trecca
Saverio Russo
Fatima Bronci
Franco Mercurio
Maria C. Nardella

SUDs è il primo salone dell'editoria meridionale e di qualità. È organizzato dall'Ente Fiera di Foggia e dalla Fondazione Banca del Monte "Domenico Siniscalco Ceci". Si tiene a Foggia da venerdì 30 novembre a domenica 2 dicembre. Partecipano alla manifestazione più di 60 case editrici di ogni parte d'Italia con cataloghi e storie di diversa portata. I tre giorni di esposizione saranno accompagnati da svariate iniziative letterarie ed artistiche.

SUDs è l'ironica declinazione plurale di Sud al tempo del villaggio linguistico globale. Il Salone, infatti, nasce da una volontà di slancio meridionale al di là dei propri confini. SUDs non sarà, dunque, un arroccamento nella tradizione o l'esposizione dei cimeli cartacei di un'identità certa, ma un luogo vivo di confronto della ricchezza culturale meridionale con i linguaggi della contemporaneità e le esperienze editoriali di altre realtà italiane.
SUDs ha la freschezza avventurosa della frontiera, del nuovo, dell'indefinito; è una pioggia di libri contro il rischio di desertificazione della parola per l'effetto serra televisivo. SUDs è la voglia di condividere il piacere dell'esplorazione e della conoscenza del proprio tempo.

Per tali motivazioni l'Ente Autonomo Fiere di Foggia e la Fondazione Banca del Monte di Foggia, con il supporto della Regione Puglia, della Provincia di Foggia, del Comune di Foggia, dell'Assessorato alla Cultura Città di Foggia e della Banca della Campania hanno voluto assicurare un importante sforzo organizzativo al fine di arricchire il patrimonio culturale meridionale di una nuova e significativa iniziativa.

La manifestazione avrà i seguenti orari: venerdì 30 novembre ore 16,30 – 21,00; sabato 1 dicembre ore 9,30 – 13,30 / ore 16,30 – 21,30; domenica 1 dicembre ore 9,30 – 13,30.

Programma:

Venerdì 30 novembre

ore 16,30 cerimonia inaugurale alla presenza delle autorità.
Forum: POTERE AI LIBRI. Il ruolo dell'editoria nel Meridione d'Italia, prefazione di Michele Trecca, coordina Maddalena Tulanti, vice direttore del "Corriere del Mezzogiorno" di Bari. Contributi di Pietro D'Amore e Agnese Manni, editori. Interventi degli editori presenti.
Ore 18,30: Enzo Del Vecchio presenta "Fiorello La Guardia, un Imperatore a New York" Ed. Alberto Gaffi.
Antonello Del vecchio presenta "Osterie d'Italia 2008" Ed. Slow Food.
Ore 19,30: Masolino D'Amico presenta "La locanda che domina l'abisso", corto tratto da "Monte Sant'Angelo" di Arthur Miller.

Sabato 1 dicembre giorno riservato agli studenti

ore 9,30: Letture da "Se una mattina d'estate un bambino - lettera a mio figlio sull'amore per i libri", di Roberto Cotroneo
ore 10,00: conferenza su L'Identità plurale del Meridione d'Italia, relatore il prof. Franco Cassano, Università degli Studi di Bari
ore 11,00 Presentazione di Politiche del diritto nella XIV Legislatura di Francesco Bonito, Ed. Sudest, prefazione di Anna Finocchiaro. Relatore on. Prof. Giuliano Pisapia, presidente Commissione per la Riforma del Codice Penale
ore 12,00: Andrea Giachi presenta "Jesus", Ed. Creativa
ore 12,30: Giovanna Marmo, poesia e movimento, Ed. d'if
ore 17,00 "Carosello Letterario": incontri con gli autori, presenta Carlo D'Amicis. Prima Parte
ore 18,30: SUDs è Nuove Scritture. Area tematica dedicata alle antologie
"Sporco al sole", Besa Editori, con gli scrittori Livio Romano e Giovanni Di Jacovo
"Voi siete qui", Minimum fax ed., con la scrittrice Veronica Raimo
"Quote rosa" Fernandel ed. con le scrittrici Francesca Bonafini e Mascia di Marco.
Coordinano Nicola La Gioia, Michele Trecca, Stefano Donno
ore 19,30 "Carosello Letterario", incontri con gli autori, presenta Carlo D'Amicis
ore 20,30: SUDs è Nuove Tradizioni, area tematica dedicata alla cultura popolare
"Mordi e fuggi" Manni ed.
"Andrea Sacco suona e canta", Aramirè ed. con l'autore Enrico Noviello
"Il cibo dei morti", Palomar ed., con l'autrice Bianca Tragni
"Lunari di Puglia", Progedit ed., con l'autore Vittorio Stagnani
Coordinano Vincenzo Santoro e Carlo D'Amicis
ore 21,30 Canti della Tradizione salentina e del Gargano, con Pio Gravina, Enrico Noviello, Enza Pagliata, Anna Cinzia Villani.

Gli Autori del CAROSELLO LETTERARIO

Giuseppe Cirino, Giancarlo Liviano D'Arcangelo, Sara Durantini, Bruno Esposito, Gabriele Fabbiani, Raffaello Ferrante, Claudia Grippo, Claudio Menni, Sacha Naspini, Alessandro Panini-Finotti, Aldo Putignano, Pamela Serafino, Giancarlo Spadaccini, Lucia Tancredi.

Domenica 2 dicembre (con chiusura alle 13,30) sarà dedicata alla nuova frontiera di comunicazione dei blog.

Ore 10,00 "La Tribù dei Blog", seconda edizione, a cura di BooksBrothers, patrocinato da GSA (Giornalisti Associati Specializzati).

- Giornalismo 2.0, L'informazione nell'era di Internet
Intervengono
Paola La Forgia, Presidente Ordine dei Giornalisti della Puglia
Michele Dell'Edera, vice presidente Associazione Stampa on line
Luca Conti, Pandemia, Il Sole 24 Ore
Gianni Messa, La Repubblica-Bari
Valerio Lo Monaco, Direttore Radio Alzo Zero
Coordina Roberto Zarriello

Raccontarsi 2.0, Esperienze di vita "bit"
Intervengono
Utottotto, Arianna Leggera, Narciso Lunatico

Letteratura 2.0, Nuovi linguaggi alla conquista del web
Intervengono
Loredana Lipperini, Giuseppe Granieri, moderatore Enzo Verrengia

Ore 12,00 Bibliofiles
Presentazione della nuova collana di editoria digitale in facsimile, Claudio Grenzi ed.
Intervengono:
Antonio Ventura – responsabile della sezione "Raro e curioso. Libri introvabili della Capitanata".
Laura Maggio – curatrice della sezione dedicata all'archeologia della Daunia.

Ai partecipanti verrà fatto omaggio di un saggio della collana, fino ad esaurimento delle copie disponibili.

ELENCO CASE EDITRICI presenti a SUDs
Adda Ed.
Arcana
Arena editore
Argo editrice
B.A.Graphis
Bastogi Editrice Italiana
Besa Editrice
Capone Editore
Carabba Casa Editrice
Carlone Editore/La Veglia
Castelvecchi editore
Cavallo di Ferro editore
Cento Autori
Colonnese Editore
Congedo Editore
Cooper editore
CSA Editrice
Dedalo
d'if Edizioni
E_Learning edizioni
Edipuglia
Editrice Rotas
Edizioni Creativa
Edizioni del Rosone
Elliot
Fandango Editore
Fernandel
Fusi Orari Editore
Alberto Gaffi Editore in Roma
Gallucci Editore
Gerni Editore
Giunti Editore
Graus editore
Claudio Grenzi editore
Alfredo Guida Editore
Il Foglio letterario
Malatempora Editore
Manni Editori
Meridiano Zero
Minimum Fax
Netplanet
Nonsoloparole Edizioni
Nutrimenti Editore
Osanna Editrice
Palomar
Parnaso Editrice
Pequod
Giulio Perrone Editore
Playground Editore
Progedit
Schena Editore
Sellino Editore
Slow Food
Luca Sossella Editore
Sudest Edizioni
Textus Editore
Touring Club Italiano editore
Upping
Utopia Edizioni
Vertigo editore

fonte iconografica da www.musicaos.it (per Canto blues alla Deriva)

lunedì 26 novembre 2007

Spot Book n.3





















Gianni Bonina

I cancelli di avorio e di corno

«Quanto compie l’autore di un sogno corrisponde esattamente a ciò che fa l’autore di un romanzo, entrambi facendo parte dello stesso mistero creativo».
Un'indagine sulla natura del libro che ci trascina in un originale itinerario attraverso la letteratura.

martedì 20 novembre 2007

La Besa alla Città del Libro di Campi 2007


Campi Città del libro 2007 – novembre 2007
Giovedì 22 novembre 2007 ore 10,30 Sala Centro Servizi
Relatore: Mauro Marino
Laura La Penna – Mi chiamo Brian (Besa editrice)

Mi chiamo Brian è la storia di un ragazzo difficile la cui identità era stata persa per fortuna avversa sin dall’età di quattro anni. L’amore, l’amicizia, il coraggio e la fede in questi valori fanno riemergere quello che c’è in ognuno di noi anche quando il sogno sembra impossibile.
La storia di Brian può essere la storia di ognuno di noi: quando diamo per scontato che ogni cosa che abbiamo ci appartenga di diritto e per sempre…; quando pensiamo di non avere niente, abbiamo ancora tutto da conquistare.

LAURA LA PENNA nasce a Lecce l’ 8 aprile del 1967 da padre pugliese e madre toscana. Ha vissuto in varie città d’Italia sin dall’età di nove anni. Ha frequentato il liceo classico e si è laureata in giurisprudenza. Dall’età di ventisei anni vive a Lecce dove si è sposata. Ha due figli e lavora in banca. Oltre alla famiglia ama leggere, dipingere su ceramica. Una passione per la scrittura (sin da bambina) mairesa esplicita prima.



Venerdì 23 novembre ore 9,00 Sala A
Relatore: Raffaele Gorgoni

Il legame
Di Fabio Omar El Ariny (Besa editrice)

Scheda Libro
Esiste un collegamento, nascosto, forse volutamente occultato, tra l’attentato alle Torri Gemelle a New York l’11 settembre 2001 e l’incidente avvenuto all’aereoporto di Milano Linate poche settimane dopo. Silenzi, complotti e inganni si intersecano in questo thriller mozzafiato, il cui ritmo incalzante non ha nulla da invidiare a maestri del genere, come Robert Harris e Ken Follet.
FABIO OMAR EL ARINY, trentadue anni. Nato a Milano e cresciuto in Egitto a cavallo tra due culture, ha sempre considerato la sua doppia «identità» come un valore da cui trarre ispirazione.


Venerdì 23 novembre 2007 ore 10,30 - Sala A
Relatori: Antonio Tondo, Giovanni Pellegrino, Giacinto Urso
Manlio Castronuovo, Vuoto a Perdere (Besa editrice)

Scheda Libro
"Perché Aldo Moro? La questione della scelta dell'obiettivo da colpire è tutt'ora un problema che non trova d'accordo gli studiosi che da 26 anni si occupano del caso Moro. (...) L'attacco al cuore dello stato è l'evoluzione dell'esperienza fatta dalle BR nella prima fase della loro esistenza quando l'organizzazione si rese conto dello stretto legame esistente tra potere industriale e Stato". Inizia con questo interrogativo e queste considerazioni il nuovo viaggio nell' “affaire Moro” in “Vuoto a perdere” di Manlio Castronuovo. L’obiettivo dell’opera è quello di essere un testo divulgativo che aiuti il lettore ad avere tutte le informazioni essenziali sulla vicenda e a farsene un'opinione. La lucidità, la conoscenza del caso con cui Castronuovo ricostruisce il tutto, ne ha fatto un libro assolutamente interessante. "Vuoto a perdere" non è solo un libro ma è anche il titolo del sito Web dedicato dallo stesso Castronuovo al caso Moro: www.vuotoaperdere.org. Vi si possono trovare interessanti risorse e strumenti.

Manlio Castronuovo
Da oltre vent'anni si interessa del caso Moro e della lotta armata diventando un profondo conoscitore delle logiche e delle dinamiche degli avvenimenti che hanno attraversato il periodo più buio della storia contemporanea d'Italia. Questa è la sua prima pubblicazione.


Sabato 24 novembre 2007 ore 17,30 Sala Centro servizi
Relatore: sen. Rosario Giorgio Costa
Ada Culazzo – Libera di pensare (Besa editrice)

Scheda libro
Il resto del giorno scorse lento e Niko si chiuse in se stesso a riflettere. Voleva conoscere la donna che lentamente si era infiltrata nella sua mente come un'immagine furtiva. Cosa poteva fare? Aveva come indizio solo un numero di cellulare.

ADA CULAZZO (1949), dopo una vita dedicata all'insegnamento delle lingue straniere, ha sentito il bisogno, a un certo punto, di dare libero sfogo alla voce del cuore e ha cominciato a scrivere




Domenica 25 novembre 2007 h.16,30 Sala B
Titolo dell’appuntamento: “ Dagli Eco-mostri ai mostri di provincia”
Relatori: Silvia Famularo, Antonio Errico

Vittorino Curci, Era Notte a Sud (Besa editrice)
Scheda Libro
L’area del Sud-Est barese, ai giorni d’oggi, è lo sfondo per raccontare le vicende di una serie di personaggi che l’autore, con incredibile abilità narrativa, scova in un prismatico campionario di lunatici, imbranati, mentecatti e “scemi del villaggio”, immergendoli in situazioni più che paradossali, sovente tragi-comiche, come nelle migliori tradizioni di comunità paesane di provincia, che sotto molti aspetti invece sono detentrici di nuance di felliniana memoria e di pulsante umanità.
Il tutto condito da ricche immagini di alta poesia che solo Curci riesce a dare al lettore attraverso la sua formidabile scrittura, e da un riso sardonico, mai troppo amaro.
Un libro godibilissimo che accoglierà il plauso anche dei lettori più smaliziati.

VITTORINO CURCI
Poeta, sassofonista, operatore culturale, vive a Noci. Collabora alla rivista “Nuovi Argomenti” e ai quotidiani “Repubblica-Bari” e “Corriere del Mezzogiorno”.
Nel ’99 ha vinto il Premio Montale di poesia per la sezione “Inediti”.


Giacomo Annibaldis, Casa Popolare, vista mare (Besa editrice)

Scheda Libro

Raccolta di racconti, o meglio di episodi narrativi legati da un unico filo conduttore narrativo che ruota attorno ad un microcosmo esistenziale di una sola famiglia protagonista ai margini dell’esistenza. L’operazione scritturale di Annibaldis, sa di pura antropologia letteraria. Pare che l’autore, trasporti la vita delle periferie romane raccontate da Pasolini, nel moto ontologico alla deriva degli eco-mostri alla periferia di Bari, in cui trovano vita personaggi la cui vita non potrebbe essere che descritta come fuori dal comune, per quante situazioni spesso paradossali incontrano nel loro trascorrere la vita quotidiana, piena di numerosissime e singolari difficoltà. Il tutto condito da uno stile sobrio, asciutto, mai banale, e soprattutto mai incline alle lusinghe di toni da slang e carico di una sorniona ironia. La ricercatezza stilistica di quest’opera sta nell’aderenza di Annibaldis allo stile giornalistico, proprio del suo mestiere, e a quella di acuto osservatore di un’umanità che sembra quasi aver toccato con mano.


Giacomo Annibaldis è nato a Bari nel 1950. Già redattore della rivista Belfagor e ora delle pagine culturali della Gazzetta del Mezzogiorno, si occupa di cultura classica traducendo romanzi dell'antica Grecia e collaborando all'Enciclopedia Treccani per voci Oraziane e Virgiliane. Collabora inoltre con diverse riviste internazionali. Per la casa editrice Besa ha curato la riedizione della settecentesca Dissertazione sopra i vampiri di Giuseppe Davanzati. Sempre per Besa ha pubblicato il volume dal titolo “Codici”. “Casa popolare, vista mare” è il suo ultimo lavoro.






Domenica 25 novembre 2007, ore 19,00 – Sala Centro Servizi


Tabula Rasa e Besa, presentano “Tra le pagine chiare e le pagine scure – percorsi di lettura tra prosa e poesia alla Città del Libro”: Carla Saracino, Vito Antonio Conte, Antonio Natile, Marthia Carrozzo, Elena Cantarone, Simone Giorgino, Alessandra Nicita, Stefano Cristante, Giovanni Santese, Stefano Donno, Elisabetta Liguori, Luciano Pagano, Rossano Astremo, Elio Coriano, Mirosa Sambati, Sara De Giorgi, Stefano Di Lauro, Maria Pia Romano, Irene Leo, Giuseppe Mariano, Piero Grima, Michelangelo Zizzi, Mauro Marino.

lunedì 19 novembre 2007

Noi romeni e il razzismo. In attesa degli "europei". Di Mihai Mircea Butcovan








da l’Osservatore RomEno novembre 2007

Come romeno che vive e lavora da oltre quindici anni in Italia, vorrei fare alcune considerazioni su quanto accaduto in questi giorni. Chissà che non vengano chiamate “qualunquiste” o “antipolitica”.

C’è stato un delitto. E la vittima, donna, ha nome e cognome. Italiano. L’autore del reato, uomo, anch’egli ha nome e cognome, romeno. Se da qui si può desumere che in qualche modo è stato offeso l’intero popolo italiano e le donne non si può certamente ritenere che il delitto sia stato commesso dall’intero popolo romeno o da tutti gli uomini.

E l’uomo che si è macchiato di questo delitto non è rappresentante del popolo romeno, della Romania e nemmeno del popolo rom.

Questa facile equazione “romeni = delinquenti”, dove la variabile romeno non è incognita ma semplicemente soluzione di tutti i mali, non rende onore all’intelligenza delle persone che la praticano.

E nemmeno la rabbia, umana e più che mai legittima, non può trasformarsi in accuse ad un intero popolo, ad un’intera nazione. C’è chi invoca “i roghi, i fucili, lo sterminio”…

Per una volta vorrei “sprecare” una riga del già esiguo spazio editoriale assegnato agli immigrati per esprimersi. Una riga di silenzio a commento e sgomento di fronte a tali frasi scritte sui forum del terzo millennio da persone che si ritengono dei bravi, quando non ottimi, cittadini.

E questa volta chi inneggia a “stermini, roghi, fucilazioni” non è cresciuto, per sua fortuna, in baracche come quelle che vorrebbe bruciare, non è vissuto in condizioni di miseria e degrado come quelle che ci mostra la televisione in questi giorni. No, da quelle situazioni non possiamo aspettarci grandi impianti filosofici, nemmeno programmi di politiche sociali.

Ma da chi invece è cresciuto in ambienti puliti, è andato a scuola in un paese democratico, ha studiato, ha fatto sport e viaggiato per diletto, da chi vota liberamente i suoi rappresentanti e può farsi eleggere come rappresentante, non ci aspettavamo frasi razziste, disumane, che spesso fanno da anticamera o motore ad aggressioni tanto ingiustificate ed orrende quanto l’uccisione della signora Giovanna Reggiani.

Persone che accusano i criminali primitivi cresciuti in situazioni di degrado e miseria si lasciano andare a dichiarazioni belliche altrettanto primitive e belluine. La differenza sconcertante sta nell’ambiente in cui sono maturate queste aggressioni, verbali e fisiche.

Un importante telegiornale si esprimeva così mentre descriveva i funerali di Giovanna: “nella basilica tanti rappresentanti delle istituzioni ma anche tanta gente comune”.

Quale sarà la differenza tra i primi ed i secondi? I secondi, attraverso l’espressione del voto libero e democratico deliberano chi non debba essere più “gente comune” come loro e diventi rappresentante delle istituzioni, quindi del popolo, della gente comune. Oppure quel voto rinforza la - già fuori dal comune - condizione di quelli che poi diventano rappresentanti?

Da quel voto in poi il potere decisionale è delegato a loro, ai “rappresentanti”.

Il marito di Giovanna arriva con una rosa” prosegue il telegiornale nella descrizione dei funerali. E poi si precisa: “i politici sfilano davanti alla bara”.

Al marito di Giovanna, gente comune, non rimane che la parola o il silenzio che può esprimere una rosa. Ha perso la moglie eppure trova la forza per non lasciarsi andare in frasi di odio e si prodiga per fermare quella crescente ondata di razzismo che anche la sua Giovanna avrebbe disapprovato. E non si fa scappare facili equazioni del tipo “romeni = delinquenti”.

I politici “sfilano”. Termine che fa pensare ancora ad una passerella funebre, utilizzata per esprimere un doveroso cordoglio ma che appare una cosa già vista troppe volte per credere che sarà seguita da impegni concreti, volti a cercare soluzioni ai problemi e non rattoppi, più o meno virtuali. Nelle dichiarazioni che precedono la sfilata, ed anche in quelle che seguono, appaiono tardive ed hanno sapore di autoassoluzione certe esternalizzazioni della responsabilità e certe colpevolizzazioni. Ma non si può lasciare un vuoto nel campo delle responsabilità. Ecco allora che si offre un’alternativa alla “gente comune”, una soluzione facile-facile per i malanni di questa società: i rom, anzi i romeni, colpevoli ormai di tutto…

L’assenza di provvedimenti lungimiranti e non urgenti, quelli che non possono diventare merce di scambio per una manovra economica, è un’assenza per cui qualcuno, non certo gli immigrati, dovrebbe rispondere alla gente comune.

C’è chi dice: “non doveva accadere”. Ed alcuni giornalisti dicono che “la sicurezza resta terreno di scontro tra i poli”. Su questo terreno di scontro non devono cadere vittime i migranti, tanto meno i romeni.

“I rappresentanti delle istituzioni sfilano al funerale”…

Ora, i “cittadini comuni” danno il loro consenso a chi poi istituzionalmente amministra la cosa pubblica. Ed è sulla raccolta e sulla perdita di questi consensi che si basa la vita e l’attività di questi rappresentanti del popolo.

Eppure oggi qualcuno diceva ancora che “servono più forze di polizia”.

Forse perché buona parte sono impegnate a scortare i tifosi ed a difendere le città ed i treni dalla furia distruttiva di certe tifoserie?

Ma prospettare come soluzione uno stato di polizia non sarebbe risolutivo di un bel niente.

Se c’è un problema chiamato “sicurezza”, tanto grave da far scender in campo più forze dell’ordine, allora si predispongano le scorte, una volta al mese, per gli anziani che vanno a ritirare la pensione agli uffici postali. Li si consideri come dei tifosi legittimati a difendere la cifra della propria pensione dall’eventualità di un’aggressione di chicchessia.

Spiegare al marito, arrivato al funerale di sua moglie col silenzio di una rosa, perché non è stato possibile scortarla dalla stazione del pullman fino a casa, alla stregua dei tifosi violenti che mettono a ferro e fuoco le città in nome di una fede calcistica, non può essere compito della gente comune, tanto meno dei romeni.

Ma le forze dell’ordine da chi difendono i tifosi che scortano allo stadio? Dagli immigrati?

E non possono gli immigrati, i romeni, e nemmeno i rom spiegare alla gente comune il fallimento delle politiche dell’immigrazione e del decreto flussi dello scorso anno (e nemmeno quello dell’anno precedente).

Ed ai rom si dovrebbe trovare un posto sotto questo sole del terzo millennio. È una questione romena, italiana o europea? Nessuno ha la soluzione in tasca ma la domanda bisogna porla.

Troppo facile puntare il dito e sparare nel mucchio dei romeni, dei rom, e definirli tutti delinquenti. Come se tutti i mali dell’Italia provenissero dalla Romania. Noi, gente comune, se non vogliamo restare senza parole e doverci affidare ai fiori ed a qualche applauso, è a loro, ai rappresentanti delle istituzioni che dobbiamo chiedere conto della gestione della cosa pubblica.

Un anno fa a Milano un certo don Colmegna aveva sollecitato le istituzioni a prendere in considerazione la questione rom con progetti di inclusione sociale. Ed affermava: «Gli sgomberi privi di un conseguente piano sociale non servono a nulla se non a spostare il problema da un’altra parte». Chi avrebbe dovuto raccogliere quel drammatico appello?

La Casa della Carità di Milano, con l’impegno quotidiano di volontari e operatori, in concerto con alcune istituzioni, aveva attuato un progetto di inserimento sociale basato su convivenza, condivisione e costruzione di reciproca fiducia. Oggi i risultati dimostrano che in due anni, con il patto di socialità e legalità come strumento di relazione sociale e mediazione culturale, si è potuto ridare dignità ad alcune famiglie di rom provenienti dalla Romania, altrimenti destinate a situazioni di miseria e disagio come quelle che hanno generato il delitto di Roma.

Qualcuno, durante i presidi di gennaio contro il campo di Opera, alle porte di Milano, aveva gridato: «don Colmegna, vattene in Romania con i tuoi rom!». Frase ripetuta durante le manifestazioni al Parco Lambro di Milano. Don Colmegna in Romania? La Romania ne avrebbe sicuramente da guadagnare. Per la città di Milano e per i milanesi, ed anche per chi avrebbe potuto seguire il suo modello, sarebbe una grande, insostituibile perdita.

La situazione è delicata ma forse i problemi dovrebbero essere affrontati con una progettualità lungimirante e non emergenziale, con proposte concrete e non attraverso contestazioni esclusiviste e politiche espulsive.

Ma a sostenere i progetti, a spingere nella direzione di accordi bilaterali, ad approntare politiche di ampio respiro che affrontassero le situazioni oggi definite “disumane, inconcepibili, bestiali”… questo avrebbero potuto farlo soltanto i rappresentanti delle istituzioni.

Non si rendano responsabili anche dell’innesco di violenze e rappresaglie disumane. Ancora una volta non sarebbero soluzioni. Ed il giorno dopo ci sveglieremmo con gli stessi problemi di ieri ed uno in più.

Mi chiedo anche perché nel resto d’Europa non c’è ancora l’allarme romeni?

O tutti i delinquenti romeni sono in Italia e le eccellenze romene vanno altrove oppure…

Qui mi pare che si parli di “fuga di cervelli” per altrove.

Non è la gente comune, quella che vive senza scorta e senza sconti “onorevoli”, a dover dare una risposta.

Perché sfilare ad un funerale può essere un segno, simbolicamente una presenza, di certo non è ancora una soluzione ai problemi della penisola.

“Non si dovrà ripetere mai più.” Stesse parole sentite durante i roghi dei campi rom di un anno fa, stesse parole sentite in occasione del ritrovamento dei 17 morti del Mediterraneo – già dimenticati -, ultimi di una strage della traversata che non ha fine. Forse non conosceremo mai i loro nomi.

Si chiamano invece Lorenzo, Roberto, Julio, Claudio, Chiara, Marisa, Adriano, Rosaria, Michela, Laura, Adeodato, Arnold, Tullio, Daniele, Melita, Rossella, Norman, per citare soltanto 17 delle persone che mi hanno espresso la solidarietà in questi momenti di “caccia al romeno”. Ringraziandoli ho ricordato anche a loro che il giudizio nei confronti di un popolo non deve fermarsi all’amicizia di una persona…

Semmai un primo incontro deve suscitare la curiosità per approfondire la conoscenza reciproca tra i popoli. E questo è un atteggiamento europeo di chi è “comunitario” da molto più tempo rispetto ad altri.

Un rappresentante delle istituzioni, in parlamento da oltre 20 anni, dichiara ai microfoni il giorno dopo il funerale di Giovanna Reggiani: “stanno arrivando da tutte le parti perché qui c’è maggiore tolleranza verso l’illegalità”.

Egli si riferiva agli immigrati. Ma a questo punto non importa il soggetto di una frase di questo genere ma la subordinata affermazione su un dato di fatto che dovrebbe avere più responsabili tra i rappresentanti delle istituzioni, compreso il dichiarante, che non tra la gente comune, e nemmeno tra gli immigrati.

“Stanno arrivando da tutte le parti…”

“…Perché qui c’è maggiore tolleranza verso l’illegalità.”

Detto da uno che da oltre vent’anni è nel parlamento italiano ha un certo significato.

La sicurezza non è solo una questione di luce nelle strade di periferia. Ma l’antirazzismo è questione di luce nelle menti delle persone. Prima che cali un buio simile a quello dell’aggressore, romeno, rom, europeo, che dir si voglia… buio sicuramente maturato in una situazione di disagio e degrado di cui, vogliamo o no, dovremmo prendercene cura.

Ora alcune persone inneggiano a roghi, fucilazioni, sterminio, espulsioni.

Si dimenticheranno in fretta anche di noi… sappiamo che è consuetudine. Altrimenti aspetteremo con fiducia i prossimi campionati di calcio. Gli “europei”…

In caso di vittoria l’oblio dei problemi, anche di questo delitto, anche dei morti nel mediterraneo, anche dei romeni, e pure dei rom, è assicurato.

versione integrale rispetto a quella pubblicata sul Manifesto del 6 novembre 2007
fonte iconografica da www.altremappe.org

mercoledì 7 novembre 2007

Spot book n.2


comunicato stampa

“TANA PER LA BAMBINA CON I CAPELLI A OMBRELLONE”
Un aspro romanzo di formazione
per capire come si è arrivati agli anni ottanta

Questa è la storia di una ragazzina affamata d’amore e d’accettazione in una famiglia romana troppo numerosa e caotica per saziarla. È la storia di una generazione ibrida e rimossa: quella di chi era troppo giovane per il ’77 e troppo vecchio per gli anni Ottanta. È la storia di una Bambina con i Capelli a Ombrellone cresciuta a cavallo dei due decenni, inciampando nelle spine più aguzze della vita: le molestie dei fratelli, la malattia e la morte della madre, l’indifferenza del padre. È la storia di un’Italia prima insanguinata e impaurita, poi d’improvviso futile e leggera.
“Tana” è uno di quei rari romanzi di formazione in cui la storia con la “s” minuscola – che come la protagonista si appiccica, seduce e non molla – riesce a intercettare la Storia con la “s” maiuscola, a farsene bandiera. In cui il privato è “politico” nel senso più ampio del termine. Il monologo interiore che l’autrice Monica Viola ci regala – con una prosa potente, aspra e originale – rivela le fragilità di un’adolescente vissuta sentendosi marginale in un contesto di angoscia collettiva: ripercorriamo nei suoi flash sgomenti gli anni delle stragi e degli omicidi “politici”, Bologna e Moro, Serpico e i gambizzati, le mille “paranoie collettive”. E, allo stesso tempo, sbandiamo con i suoi sbandamenti: gli errori, le bugie, il sesso inutile e pieno di odio, il pochissimo amore, le amicizie, le perdite dolorose. Con una colonna sonora che, da sola, batte il tempo del romanzo, dai Pink Floyd ai Gong di Daevid Allen e Steve Hillage, da Guccini a De Gregori, dagli Chic alla Sugarhill Gang, dai Genesis agli Earth Wind & Fire, da David Bowie ai Genesis, fino a Madonna e ai Duran Duran, icone pop di un decennio pop, per concludersi con il lirismo degli Smiths.
Non c’è nulla di buonista: la Bambina diventa donna e rifonda la sua vitalità, ma a caro prezzo. Il messaggio è scabro e concreto: si può sopravvivere. Nessun eroismo, se non quello della sopravvivenza.
Dice bene Lidia Ravera nella quarta di copertina: “La piccola educazione sentimentale di una bambina sincera e scostumata. Un’apologia del disagio giovanile come solo e insostituibile motore per una formazione decente. Epica frammentaria di pigrizie e crudeltà, alla ricerca di un po’ d’amore, anche poco, anche usato, anche effimero. Un bel personaggio, la Bambina con i Capelli a Ombrellone, tana per lei, fra Flaubert e Woody Allen”.
Dice bene l’autrice: “Questa storia vuole anche essere – con poche pretese – la cronaca di una generazione senza identità: troppo giovane per il ’77 e troppo vecchia per gli anni 80. Generazione ibrida che ha fatto da ponte tra due estremi, sotto l’ombra lurida degli anni di piombo e delle stragi di Stato. Una generazione rimossa di cui non parla mai nessuno, assente anche dall’immaginario cinematografico. E però eravamo tanti, scuole con le sezioni fino alla lettera 'T'. Dove siete, tutti?”.

quarta di copertina

“La piccola educazione sentimentale di una bambina sincera e scostumata. Un’apologia del disagio giovanile come solo e insostituibile motore per una formazione decente. Epica frammentaria di pigrizie e crudeltà, alla ricerca di un po’ d’amore, anche poco, anche usato, anche effimero. Un bel personaggio, la Bambina con i Capelli a Ombrellone, tana per lei, fra Flaubert e Woody Allen.” [Lidia Ravera]


Roma, anni Settanta. Epoca di passioni politiche che infiammano, di attentati ed esecuzioni a insanguinare le strade, di giorni intrisi di una tremenda, capillare angoscia collettiva. Fino al sopraggiungere degli anni Ottanta, futili e liberatori, carichi di voglia di leggerezza e di evasione, di musiche di tendenza, di mode irrinunciabili.

A cavallo dei due decenni, la storia interiore di un’infanzia e adolescenza, il racconto di una bambina che, passando attraverso esperienze dolorose e destabilizzanti - ma senza mai rinunciare a rincorrere la felicità -, infine diventa donna.

Cresciuta in una famiglia numerosa, caotica e vecchia maniera, con un padre autoritario, una madre dolcissima, sorelle, fratelli e una nonna rinchiusa nel suo passato di sogno, la Bambina con i Capelli a Ombrellone inciampa nella vita e nelle sue spine più aguzze, subisce lacerazioni traumatiche (le molestie sessuali di due dei fratelli più grandi, la grave malattia della madre), sbanda - ma si reinventa con nuova, sorprendente, trascinante vitalità.

Affronta la scuola con i suoi piccoli grandi insuccessi, le difficoltà degli amori e l’ambiguità del sesso, sa riconoscere la vera amicizia (anche se non sempre sa rispettarla), ma si adegua alle compagnie più diverse, sempre alla ricerca di un po’ di attenzione, di un po’ di affetto, spinta da quella voglia urgente dell’adolescenza di piacere e conquistare e con la necessità profonda e sommersa di un inconsapevole, istintivo costruirsi. Sostenuto però da una grande risorsa: la capacità di cercare negli altri il miracolo dell’accettazione nonostante tutte le proprie traballanti insicurezze, quel miracolo che, unico, potrà aiutarla a “ricucirsi”.

Un romanzo a forma di lungo monologo interiore, che alterna brani di narratività accattivante a momenti di autentico lirismo. Una prosa attenta, scrupolosa, dallo stile sintetico e pregnante e dal linguaggio intensamente evocativo: parole dense e vere per raccontare una storia che, come la protagonista, si appiccica, seduce, non molla.

Monica Viola è nata a Roma l’anno in cui nasceva il beat. Ci abita ancora, infelicemente impiegata. Questo è il suo esordio narrativo.

Tre ragioni per NON leggere questo romanzo:
1. ami la letteratura “minimum fax”
2. odi i memoir
3. in un romanzo cerchi una narrazione compiuta con una storia e un finale, magari inaspettato.
mv

fonte iconografica e comunicato stampa tratti da www.monicaviola.it

martedì 6 novembre 2007

Ciao Enzo

Il mondo dell'informazione viene lasciato oggi orfano di una figura non solo di grande spessore e professionalità, ma di grande umanità. Sì perchè Enzo Biagi, ha rappresentato, come un altro grande del giornalismo italiano, faccio riferimento a Indro Montanelli, un esempio per una professione che ormai tende sempre più alla standardizzazione e alla formattazione automatica della notizia. Enzo Biagi, se ne va così, in silenzio, con grande signorilità, una qualità che lo ha contraddistinto sempre in ogni occasione. Se ne va un pezzo della nostra storia!

fonte iconografica da www.ilmolinello.it

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