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giovedì 28 gennaio 2010

Krill 01 - consumo e verità (Lupo editore)

L'immaginario e il suo indotto rappresentano il nucleo dello sforzo che Krill tenta di compiere nel suo percorso di scavo e di ricerca nelle scritture e nell'immaginale. Un monografico dedicato al rapporto tra consumo e verità, sebbene pudicamente suggerito dalle narrazioni morbide e pop della produzione non-scientifica e non-sistematica, non può prescindere comunque dal suo bagno naturale, che è e rimane l'immaginario. L'immaginario lavora, anche in questo caso, in background, come un software nascosto nel sistema operativo di ognuno di noi; anche se in maniera poco consapevole, evoca, allude, spinge alla ricerca della – propria – verità attraverso la scelta di simboli e di prodotti culturali, e, alla lunga, al loro consumo.
Brutta bestia il consumo, verrebbe da dire in tempi come questi. È chiaro che siamo sotto assedio, che è un sistema di controllo molto efficace ed estremamente pervasivo. Ed è un sistema che funziona, soprattutto. Funziona perché aggrega, perché ogni minuto conquista nuove terre e avanza con una potenza mirabile. È sotto gli occhi di tutti la spinta, e soprattutto la sentiamo tutti, la spinta. È anche vero che ogni minuto si liberano terre dal giogo del consumo, si organizzano comunità, si creano codici nuovi, si producono forme di resistenza. È vero, ma il conto è impari. Ci sono interi continenti che sono lì sulla soglia, milioni di persone pronte a lanciarsi verso i pochi varchi a disposizione e disposte e schiacciare e a farsi schiacciare pur di strappare il biglietto d’ingresso al nuovo miracolo globale. Il capitalismo sembra avere un appeal irresistibile, così come lo stile di vita e di consumi elaborato dalla cosiddetta società occidentale.
Un sintomo di questo, un simbolo tra tanti, le parabole sui balconi e sulle terrazze del centro, ma anche della periferia del pianeta. Anzi soprattutto delle periferie, a ben guardare. In fin dei conti, le parabole, protese in uguale direzione come ad ammirare un idolo invisibile, ci ricordano il flusso di rappresentazioni, visioni e messaggi che costituiscono un continuum etico ed immaginifico onnipresente. Esso ci “possiede”, non già quali semplici fruitori, ma ancor più quali membri attivi. Siamo calati in una forma di vita, quella del consumo, a cui contribuiamo ogni volta che sintonizziamo i monitor con le frequenze TV, oppure quando entriamo come gatti affamati nei nostri supermercati, o ci aggiriamo sornioni tra gli scaffali del media-store alla ricerca dell’ultimo modello di... Il consumo è una forma di vita anche e soprattutto perché siamo disposti (coscientemente o no) ad accettare l’inganno ideologico che si cela nelle merci che compriamo, l’idea di mondo che è sottesa alla réclame pubblicitaria. Quindi il consumo è innanzitutto una brutta bestia imperante e in salute. Ed è una bestia che si attacca a qualcosa che è radicato dentro di noi, che in qualche modo, ospita la bestia, le offre un riparo e la coccola anche. Perché consumare soddisfa desideri primordiali, aggrappati all’uomo fin dalla sua nascita. Colma vuoti, illumina anfratti bui, riscalda certe solitudini, soprattutto metropolitane, ma non solo. In questo numero abbiamo deciso di cercare una relazione tra il consumo e la verità, di provare a leggerne le implicazioni. In questo senso il consumo è un sistema di produzione della verità. È un modo potente di legare il soggetto a se stesso, di realizzare una vita. È per questo che funziona bene, perché promette orizzonti di gloria. Il rapporto tra consumo e verità si gioca dunque su un doppio binario: se il consumo della verità rimane il consumo di un oggetto che viene venduto e prodotto in quanto merce, allora la verità sarà sempre qualcosa di esterno rispetto al soggetto che se ne appropria e la “consuma”. Se invece la verità da oggetto-merce da consumare diventa prassi che muove la volontà di coloro che ne fanno esercizio, allora la verità può rompere il dispositivo legato al consumo che ci governa e a cui siamo consegnati nelle nostre attività quotidiane. L'esercizio etico della verità diviene il rovescio della medaglia, quel meccanismo che introduce un elemento di novità, scardinando lo stato di cose attuale in cui il consumo fa muovere il tutto, secondo le sue logiche, i suoi meccanismi e le sue merci. Per attuare una prassi che sia diversa è necessario dare voce a narrazioni che siano fuori da un dispositivo ormai consolidato: questo è l'obiettivo che ci proponiamo di portare avanti, con tutte le difficoltà che lo abitano. Krill vorrebbe essere un magma, un blob in cui i discorsi si intrecciano e dove un pugile della periferia di Napoli è parresiasta quanto un dissidente israeliano.
I contributi presenti in questo numero sono accomunati nella differenza dei linguaggi, dei registri narrativi, dei codici comunicativi da un unico filo rosso: interrogare l’attuale. Attuale come “l’adesso del nostro divenire” (Deleuze-Guattari). Le pagine che seguono rappresentano, dunque, il frutto di questi quattro mesi passati a masticare (a giocare con) i concetti di consumo e verità. I testi offrono una eco, a volte corposa e a volte molto flebile, di queste due parole. Come al solito non si trattava di saturare un tema, ma di lasciare il quesito irrisolto, provando semmai a suggerire dei percorsi possibili di svolgimento. Alcuni pezzi riflettono il tentativo, da cui eravamo partiti, di mettere in luce gli aspetti più curiosi o più grotteschi dello stile di vita che si suole definire “occidentale”, come il microcosmo della moda, o la retorica di certo etno-turismo, oppure i meccanismi perversi del marketing etc. In altri contributi viene fuori la questione della verità e del pronunciarla, quando questo può voler dire misurarsi con le menzogne di coloro che hanno in pugno un popolo, una città (poco importa se la città si chiama Gerusalemme o Taranto). Le narrazioni giocano con i paradossi legati al consumo, con le nostre ossessioni quotidiane, con le verità che ci aspettano sullo scaffale, che mettiamo in un carrello e che paghiamo alla cassa. Un discorso semi-serio percorre in modo invisibile una buona parte di questo Krill 01. È quello della sessualità, fattore vitale che ci portiamo sottopelle, e che riaffiora in modi scomposti nelle parole ipocrite sul pudore o nei gossip politici. In fin dei conti l’eros è questione capace, come poche, di mostrarci i tanti idola che si celano nei nostri discorsi e che fanno di noi “consumatori di verità”.

Hanno scritto per questo numero di Krill, tra gli altri: Louise Wallenberg, Federico Mello, Francesca Massai, Benedetta Barzini, Giso Amendola, Diego Cugia, Giuliano Foschini, Paola Aloisio, Elisabeth Bernstein.
Tra le prime date di presentazione della rivista, segnaliamo il 29 Gennaio a Matera presso la Libreria dell'Arco, il 5 Febbraio a Bologna presso la libreria Modo Infoshop e il 6 Febbraio a Ferrara presso la casa editrice la Carmelina.
La rivista (costo 10 euro) può essere acquistata presso le Manifatture Knos di Lecce, in libreria, su www.ibs.it e www.lupoeditore.it.
Info: 347.4021832, krillproject@libero.it

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