Si sente in giro nell’aria e non solo tra gli accademici, ma anche in ambienti e circoli letterari, un rinascente interesse verso le eresie del primo cristianesimo, come punto di partenza forse per capire alcunie istanze che sono alla base della nostra religiosità. Alain Le Boulluec considerò Giustino di Nablus (100-162) il primo apologeta ad utilizzare sistematicamente il termine "eresia" per combattere le correnti cristiane considerate devianti. Quando parliamo di eresia, sfogliando nel nostro vocabolario mentale, facciamo riferimento subito a quel termine che sta ad indicare una dottrina contraria ai dogmi riccorenti e ai principi di una determinata religione, nel nostro caso associamo subito questa parola a tutto ciò che devia in qualche modo dalla Chiesa Cattolica. Poi quasi a parità di impulso rimembrante ecco che spunta dal buio della memoria il termine eretico ovvero colui che "sceglie" solo una parte della dottrina "ortodossa", ma non accetta alcun compromesso su altre questioni. Per chi ricorda invece gli insegnamenti di qualche vecchio professore di filosofia che magari ha fatto bene il suo lavoro, ecco che non risultano in questi ambiti come perfettamente sconosciuti nomi come Nestorio, Ipazia, Ireneo, Ario, Donato e chi più ne ha più ne metta. Mi è capitato di leggere un libro straordinario che mi ha ricordato un po’ di questi argomenti. Parlo del volume edito da Neri Pozza dal titolo Azazel di Youssef Ziedan, vincitore del premio internazionale per il miglior romanzo in lingua araba del 2008, ovvero il primo best-seller che ritrae con grande maestria l'intera cultura mediterranea, tra Alessandria e Gerusalemme, Efeso e Aleppo. A Ipa, un monaco egiziano, non serve altro per vivere nel suo monastero sulla strada tra Aleppo e Antiochia, che una cella di due metri per lato, una malridotta porta di legno, un tavolino con un calamaio, una logora lampada con lo stoppino. Siamo nel V secolo, un momento della storia della Cristianità carico di fanatismo, di lotte fratricide, dove vivere in Cristo e per Cristo significa essere di questa o quella fazione. Nestorio, l'abba che vigila paternamente su Ipa, è nell’occhio di un ciclone. Nel 428 d.C. è stato nominato Vescovo di Costantinopoli e ora pesa su di lui l’accusa di apostasia, che gli ha “fruttato” ben 12 anatemi da parte del Patriarca Cirillo, l'Arcivescovo di Alessandria. Il V secolo è un momento della storia della cristianità che si macchia già del primo errore, quello di scomunica di un “illuminato” (non sarà il solo se si pensa a Giordano Bruno) dal volto e dalle mani sante, reo di aver pensato che Dio sia stato generato da una donna. Un tempo infausto per Ipa, costretto a subire gli attacchi della passione, della lussuria e del cuore da quando ha conosciuto Marta ad Aleppo. Un tempo infausto anche per la sua anima, trascinata nell’abisso dell’angoscia tanto che gli sembra a volte di parlare con Azazel, il diavolo in persona., simbolo della scepsi senza posa e metafora del dubbio. Un tempo infausto dunque per Ipa, che vive la grandezza di Alessandria d’Egitto come caos e turpitudini. Si tratta di un’opera immensa che non mancherà di suscitare critiche, un grande evento letterario, che ha già causato forti polemiche religiose, letterarie e politiche.
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