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domenica 21 marzo 2010

Il valore dei giorni di Sebastiano Nata (Feltrinelli)

Sebastiano Nata che con “Il Dipendente” ci ha teorematicamente aperto gli occhi su come gli effetti dell’economia arrivino ad influenzare sesso e società, in materia di denaro, di come ce lo rappresentiamo, di come si auto/rappresenta, delle sue modalità fenomenologiche di creare ricchezza e povertà in un gioco perverso di instabili equilibri, ne sa una più del diavolo.
Quello che questo autore è in grado di fare, è più di una semplice leva di archimede che “solleva il mondo”: egli aiuta a capire meglio il nostro esserci nell’ “universo”, ci fa riflettere sul declino immenso e la scomparsa definitiva della classe borghese con una solidità scritturale che non si vedeva da Moravia e Pasolini. Faccio riferimento all’ultimo lavoro per i tipi di Feltrinelli di Nata dal titolo “Il valore dei giorni”.
Il rumore bianco di sottofondo che aleggia tra le pagine di questo lavoro nasce dal meccanismo perverso della “crisi”, quella iniziata più o meno verso la fine del 2006. Crisi che diventa organismo con tanto di fauci nel febbraio-marzo 2007 e che comincia a divorare le banche d’affari più note nel settembre-ottobre 2008. Lehman Brothers dichiara la bancarotta, Goldman Sachs e Morgan Stanley sub classate a banche normali. Parliamo sottovoce però di crisi dei “B-papers”, una corto circuitazione nata direttamente dal famelico appetito dei banchieri e dalla volontà (effimera) di potenza di ciascuno di noi. In questo romanzo, vademecum forse di sopravvivenza per chi lavora in aziende private (dove una parola è poco e due sono troppe direbbe qualcuno), il protagonista è Marco, manager di successo, possessore di un BlackBerry da cui non si separa mai, sempre tirato a lucido, che da tempo ha perso i contatti con se stesso, a causa dei suoi innumerevoli impegni professionali. Ha un fratello di nome Domenico che vive a Porto San Giorgio, dove gestisce un negozio di infissi, ed è teneramente innamorato di una giovane donna. Tra di loro, quando si incontrano, si accende un fuoco violento e terribile, non riuscendo a vedersi reciprocamente nel verso giusto, e dunque sembra che le due tipologie di esistenze non possano trovare un punto d’incontro. Ma la Morte, come al solito, interverrà tra i due personaggi a riequilibrare sorti e destini, a dare insomma a Marco una luce più chiara, forse una possibilità di redenzione, magari proprio da un piccolo centro di provincia. Ora quello che Nata sembra voler comunicare è che esiste tutto un universo interiore che ci portiamo dentro ogni giorno, che costruisce azioni ed emozioni tendenti ad un unico obiettivo: evitare il fallimento (sotto qualsiasi punto di vista), quella terribile sensazione che irrompe nella vita dell’uomo come un fulmine, sconvolge, annienta e svalorizza ogni esperienza. Ma Nata sa e ce lo racconta attraverso Marco, che la forza si misura sempre nel sapersi rialzare.

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