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mercoledì 7 aprile 2010

Da Il secolo plurale per Avagliano a Recensire di Massimo Onofri per Donzelli. Intervento di Nunzio Festa



















“Il secolo plurale”, aggiornato dopo quasi dieci anni – era già pubblicato presso Zanichelli nel 2001 (ma con titolo privo del termine “novecentesca” a chiudere dopo “letteraria”) - , è un volume indispensabile per chi voglia cogliere o raccogliere argomenti e letture del Novecento; per quanti pensano sia giusto non lasciare all’accanimento della polvere e/o alle tiritere di qualche specialista d’occasione e occasionale opere nate e tutt’al più persino vissute in uno dei secoli di maggiore interesse. Oppure avere il vero peso dei grandi nomi dei cento anni recentemente accantonati dal calendario. Come una più datata, il libro è uscito nel 2008, opera del critico letterario Raffaele Manica (Gaffi, 2007), mi riferisco a “Exit Novecento”. Avventura che citiamo in quanto amata, giustamente, dallo stesso Onofri. Massimo Onofri, firma storica di “Diario”, e di tanti cartacei oltre che docente universitario a Sassari, al momento è uno dei più lucidi, oltre che autorevoli, critici che abbiamo a disposizione sullo scenario nazionale. Con “Recensire”, per esempio, lo stesso autore qualche anno prima aveva dato consigli utili sull’arte della recensione. Tanto per dire. Un manuale: ma definire quel manuale quel è ovviamente tutt’altro che rispettoso, più che riduttivo. Che, per esempio, in “Recensire. Istruzione per l’uso” si legge lo stato d’animo, allo stesso tempo, e la forma, in più, della critica letteraria d’Italia. Però vorrei partire da “Il secolo plurale. Profilo di storia letteraria novecentesca”. La ‘trama’ dello studio è tutta lineare. La trama della ricerca è, molto evidentemente, portatrice d’un filo che mantiene l’uscita dall’Ottocento con gli ingressi nel Novecento pure artistico o anche – ad accenni – politico, per finire nell’ultimo lembo d’un secolo che naturalmente cade in quello che viviamo adesso. Con fonti e strumenti inconfutabili, se soprattutto gli strumenti possono essere elemento vergato di soggettività, Onofri spiega dove realmente prende piede il Novecento delle Lettere e non solo. Della lettura. Eppure non solamente della Letteratura. O dello scrivere. Chiaramente viaggiando nei semi di Freud (la psicanalisi tutta e la sua importanza) – a servizio tanto per citare di scrittori e pittori. Il Decadentismo, termine interamente della ‘Critica’, e il fascismo con le sue adesioni, ‘tragiche’ e piene; che sempre hanno condizionato. Dopo circa un centinaio di pagine d’ambientazione e di disegno della storia, Onofri legge per intiero Pirandello Svevo Tozzi. Le riviste, in special modo, dei primi decenni appunto del Novecento e ad andare avanti. Massimo Onofri, tra le personalità che preferisce senza dubbio ci mette un Borgese. E altri nomi della letteratura dell’Italia. Che spesso sono riferimenti di quella europea e a volte altro ancora. Fra i maggiori meriti di Onofri, senza dubbio, l’esposizione priva di complessità delle differenze più spaventose ricorrenti tra realismo e sperimentalismo. Fra gli esempi più fascinosi, per così dire, i brani che ‘presentano’ o trattano figure quali Pasolini, amatissimo ci pare di capire dall’autore dell’opera, Zanzotto e altri difficilmente raggiungibili. Con “Recensire”, dove è possibile per giunta incontrare alcuni incroci proprio con l’ultima pubblicazione del critico, senza mezze misure posso dire che è facile comprendere che si deve fare per comporre una buona recensione, cosa non si deve fare. Passando in mezzo a esempi d’ottimi scritti e a ipotesi di recensioni pieni di pecche e, finanche, tutt’altro che recensioni. Fra le curiosità, oltre che ovviamente grazie all’analisi d’una incontrovertibile società letteraria dei tempi del consumo spietato, i brani che offrono piccole battaglie con critici di scarso valore oppure destinati a produrre come a gonfiarsi del proprio nome. Ma allo stesso tempo quei brani che risentono di doni necessari a critici inattaccabili, a veri e propri maestri della critica letteraria: un Cases su tutti. Questi due saggi di Massimo Onofri offrono materiale e soprattutto materia che i tanti e le tante che vogliono dedicarsi almeno a una lettura pienamente consapevole e che preveda l’obiettivo di scriverne per terzi non possono far finta di non vedere. I due saggi, con qualche sostanziale differenza, si servono delle abitudini della storia letteraria e del presente, onorando un legame imprescindibile con l’amore dello scrivere. In contrasto ai massimi luoghi comuni, ai loro non umili rappresentanti di sempre.


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