lunedì 28 febbraio 2011

Il libro del giorno: Scrivere polvere di Daniele Semeraro (Lupo editore). Con prefazione di Cosimo Argentina





















“Potevo percepire in quel silenzio surreale la violenza della memoria, che con un improvviso urlo disumano, mi riportava le voci degli avi ed il loro monito centenario, le urla delle donne ed i loro eterni disincanti, le grida dei bambini e le loro intime paure. Udivo innumerevoli gli abbandoni, i vigliacchi tradimenti, le offese, le triviali vendette, le superstizioni ottuse, tutte voci che nella mia mente risuonavano come un semplice ed inevitabile richiamo alla normalità, un richiamo che puntualmente disattendevo e ripudiavo come avevo ripudiato mia madre, la mia vita, consacrata ormai alla dannazione, al girovagare nella polvere”. Daniele Semeraro

L'autore - Nasce a Locorotondo nel Maggio del 1977, vive a Martina Franca e lavora ad Alberobello.
Chitarrista autodidatta, grande appassionato di musica e letteratura, si affaccia al mondo della scrittura da cantautore. Compone brani musicali per sé e per altri e nel 2008 si avvicina alla scrittura in prosa. “Scrivere polvere” è il suo romanzo d´esordio.

Voci dalla luna di Andre Dubus (Mattioli 1885). Esce il 15 aprile 2011












“Non sapeva come fosse iniziata. Da qualche parte nella sua mente e nell’anima era come se, in quelle che lui ora – e anche allora qualche volta, anche allora – chiamava le notti faustiane del loro matrimonio, dondolasse in uno stato di ebbrezza fino ad una melodia che aveva sognato. Si alzava dal divano, inscenando la pantomima del marito stanco e ubriaco, salutava, sospirava un buonanotte a Brenda e all’uomo che avevano portato a casa con loro dopo aver fatto il giro dei bar delle città vicine. In quei locali c’era musica, di solito un uomo o una donna con una chitarra, e gli sgabelli vicino al bancone avevano braccioli ed erano imbottiti di pelle. Anche il bancone aveva un rivestimento di pelle davanti, e un lungo specchio dietro, e uomini e donne soli andavano lì a bere e sperare. Ma pochi di loro speravano e credevano di ottenere ciò che lui e Brenda li convincevano a fare. Ah, lavoro di squadra! Lui, Brenda e Mefistofele. Si cominciava parlando a un uomo che era lì da solo. Brenda si sedeva fra lui e Larry. L’uomo all’inizio era cordiale, guardingo ma amichevole e attirato da lei (Larry se ne accorgeva gettando uno sguardo allo specchio, da sopra il bordo del bicchiere). Ma dopo il primo o il secondo bicchiere, gli occhi dell’uomo facevano ancora su e giù lungo lo specchio e verso la porta, perché era venerdì sera e il tempo stava passando e lui era lì, a sprecarlo con una coppia sposata. Oh lentamente, lentamente, correte cavalli della notte. Era il Faust di Marlowe che parlava con il tempo mentre Mefistofele si stava avvicinando. Sì. E il verso era tratto dagli Amores di Ovidio. Sì.
La strada ora saliva alla sua destra, e curvava alla sua sinistra, e lui stava salendo e girando intorno troppo veloce. Smise di respirare, mentre scalava le marce lungo la curva in discesa e si dirigeva a nord. Poi riprese a respirare e rallentò, all’uscita per le spiagge del New Hampshire. Era abbastanza facile, quelle sere. Brenda era bella quanto bastava, così al bancone le era sufficiente dire e promettere davvero poco. Erano gli occhi a parlare all’uomo di turno, e ogni volta che Larry si allontanava per andare al bagno degli uomini – il che avveniva molto spesso – lei toccava la mano dell’uomo, gli mormorava qualcosa e sempre, in seguito, raccontava a Larry quello che lei gli aveva detto, e non si trattava di niente, davvero, quasi mai niente: qualche frase gentile, qualche ammiccamento, le solite cose che ogni donna potrebbe dire a un uomo. Perché Larry lo sapeva: lei non sarebbe stata in grado di dire a qualcuno vieni a casa e scopami più di quanto non fosse capace di cantare un’aria. Poteva danzarla, tuttavia. E Larry sapeva anche, e lei lo ammetteva, che Brenda aveva paura che l’uomo in questione, spaventato, intonasse un niente da fare, signora. E sapeva che, allo stesso modo, o forse ancor di più per questo motivo, Brenda era divertita da tutto quel mistero, di cui lei stessa era la fonte. E dunque gli uomini la seguivano a casa loro, per un ultimo bicchiere.”
[tratto da Voci dalla luna, capitolo quarto]

domenica 27 febbraio 2011

Il libro del giorno: Mi dichi. prontuario comico della lingua italiana di Paolo Villaggio (Mondadori)




















Secondo voi "kibbutz" è un'espressione usata dalle contadine di Alberobello quando sentono bussare alla porta del trullo? "Venerea" si dice di donna bellissima e diafana? "Prostata" di persona sdraiata a terra, a faccia in giù, in atto di adorazione? "Kandinsky" è un dolce nazionale ungherese? E, passando al latino, Memento mori significa "il mio mento sembra quello di un negro"? Brevi manu "tenere le mani all'altezza delle ascelle"? Deus ex machina "perdio, che macchina!"? Allora avete bisogno di questo Prontuario comico della lingua italiana, un saggio tanto divertente quanto impietoso, scritto da una delle più grandi voci umoristiche della nostra storia. Villaggio ci fa ridere e riflettere sull'italiano scritto e quello parlato, la neolingua degli SMS e dei computer, i congiuntivi degli accademici e il linguaggio degli intellettuali di sinistra. Così l'inventore di Fantozzi torna a fustigare, esaltare, fotografare l'italiano medio. Inteso, stavolta, come lingua.

Adam Kadmon



qui il sito di Adam Kadmon

sabato 26 febbraio 2011

Il libro del giorno: Alessandro Trocino, Popstar della cultura (Fazi editore)





















«Le popstar della cultura sono lo specchio di un Paese malato di retorica, sentimentale, massimalista, finto rivoluzionario, antilluminista. […] Un Paese che preferisce nutrirsi di uno stato di indignazione permanente, piuttosto che provare a cambiare lo stato delle cose».

Cosa hanno in comune Roberto Saviano, Giovanni Allevi, Beppe Grillo. Carlo Pettini, Mauro Corona e Andrea Camilleri? Quali logiche concorrono a esaltare alcune persone rispetto ad altre? Chi sono le popstar della cultura? Semplici testimonial, intellettuali organici alle caste oppure fotogeniche incarnazioni del talento e dell’impegno civile? Attraverso le testimonianze di estimatori e detrattori, i documenti e le opere, il libro racconta la parabola di sei personaggi che, in campi diversi, sono arrivati sul piedistallo più alto della celebrità. Il viaggio tra i “Venerati Maestri” è anche il pretesto per raccontare l’Italia, per smontare i meccanismi mediatici e divistici di un Paese in cui l’inclinazione al conformismo, la profusione di retorica apocalittica, la delega delle responsabilità, la ricerca del guru di turno e il presenzialismo hanno azzerato il pensiero critico e la capacità di ragionare sui contenuti. Perché, se è vero che la cultura di questi anni è stata monopolizzata dal berlusconismo imperante, è altrettanto vero che la sinistra, orfana dei suoi intellettuali di una volta, ha ceduto di schianto e «ha ormai cambiato pelle. Dall’egemonia culturale di impronta gramsciana all’industria culturale di Horkheimer e Adorno, fino all’attuale strapotere del marketing editoriale, il salto è stato lungo. In mezzo si è costituito un universo contaminato e franto, nel quale destra e sinistra si sono spesso confuse in un abbraccio poco virtuoso».

Alessandro Trocino, nato a Milano 45 anni fa. Laureato in Giurisprudenza, ha scritto di cronaca e di politica. Giornalista del «Corriere della Sera», è autore del libro inchiesta sulla Lega Nord, Razza Padana, edito dalla Bur.

Alessandro Trocino, Popstar della cultura
La resistibile ascesa di Giovanni Allevi, Andrea Camilleri, Mauro Corona, Beppe Grillo, Carlo Petrini e Roberto Saviano

Prefazione di Antonio Pascale

Vita avventurosa di Charlie Summers (Elliot). Un estratto. Traduzione di Luca Fusari





















"I soldi sbucarono dal nulla. Nei primi anni del primo decennio del nuovo secolo un’ondata mai vista di soldi investì il mondo. I giornali lo definivano uno “tsunami di ricchezza”, con un entusiasmo che lasciava poco spazio alla precisione, ma dava un’idea perfetta di come la vivessimo noi nel mondo della finanza. Banche d’affari, fondi speculativi, intermediari, creditori ipotecari, banche al dettaglio: riempivano chiunque di denaro. Volevi comprare una casa? Ci pensavano loro a prestarti il necessario, più qualche altra decina di migliaia di sterline per i tappeti, le tende e l’imposta di bollo e magari, a transazione conclusa, ti restavano anche due soldi per una bella vacanza. Bastava firmare nell’apposito spazio. Non era indispensabile dimostrare di avere un reddito; bastava soltanto metterci una firma. Volevi un’auto? Per ottenere un leasing era sufficiente mostrare un documento. E, a quel punto, perché comprare una Ford? Meglio una Porsche, no? Volevi regalare un anello con diamanti alla tua amata ma eri arrivato al limite della carta di credito? La soluzione, in quell’epoca di prosperità, era semplice: un’altra carta di credito a interessi zero per due anni. In tutto il mondo una metasfera di soldi invisibili e intangibili si espandeva su Internet e riempiva le arterie dei servizi bancari e delle transazioni telematiche, spuntati come funghi negli ultimi decenni del secolo precedente. Nessuno sapeva dove fossero davvero i soldi: dappertutto, e da nessuna parte. Era un’epoca meravigliosa per chi operava nel settore dei cosiddetti “Servizi finanziari”. (dal prologo su concessione dell'editore)

venerdì 25 febbraio 2011

Il libro del giorno: Nessun Futuro di Luigi Milani (Casini editore)













In libreria dal 31 gennaio Nessun futuro (Casini Editore 2010), il nuovo libro di Luigi Milani, un thriller con venature sovrannaturali ambientato nel mondo del rock.
Nessun futuro è un romanzo a cui la categoria di romanzo va stretta. Potremmo chiamarlo romanzo/backstage, visto che descrive una storia che si svolge negli ultimi mesi del 2001 ma in cui magicamente si affaccia mezza storia del rock, dai Beatles al fantasma di Jim Morrison alla urban legend della “finta morte” di certe rock star, da Paul McCartney a Elvis a Michael Jackson, o proprio a Phil Summers, il protagonista “sotterraneo” del libro. Ma in realtà Nessun futuro sfugge a qualsiasi classificazione: come il vero rock, in fondo. E come il vero rock, ci trascina con sé e ci trasporta nel suo mondo. Lo fa attraverso l’io narrante, Kathy Lexmark, giornalista televisiva ultratrentenne, con un divorzio alle spalle e un futuro professionale quanto mai problematico. E lo fa lasciando aleggiare sempre sullo sfondo la sensazione che stia per succedere qualcosa, e poi qualcos’altro, e poi ancora qualcos’altro, in un crescendo vorticoso di suspense e adrenalina.
Il volume contiene un codice che, inserito nell’apposita sezione del sito www.casinieditore.com/ fornisce l’accesso a numerosi “extra”.
Il blog dedicato al libro: http://nessun futuro.wordpress.com
Il blog dell’autore: http://luigimilani.com
Luigi Milani, giornalista, traduttore ed editor, ha pubblicato racconti per vari editori e su alcune riviste letterarie. Ha curato le edizioni italiane degli ultimi due libri di Jasmina Tesanovic, Processo agli Scorpioni e Nefertiti (Stampa Alternativa, 2009) e le versioni italiane di alcuni racconti di Bruce Sterling (40k eBooks). Nel 2010 ha pubblicato il romanzo Ci sono stati dei disordini (Arduino Sacco Editore).

Gli invisibili di Fulvio Colucci e Giuse Alemanno (Kurumuny)



















Sindacati, lotte operaie, scioperi, resistenza, speranza, futuro, termini da archeologia semantica. Così come parlare di politiche del lavoro, di dignità del lavoro, non ha più alcun valore. Si è persa memoria di cosa significa tutto questo. Oggi L’ITALSIDER non c’è più. C’è l’ILVA. Eco/mostro, ecolalìa valoriale, allo stato puro, sistema di regole e restrizioni che avrebbe divertito anche il grande Michel Foucault. Gli operai dell’ILVA, la paura di morire, di non avere più certe sicurezze, ce l’hanno ancora, e forse generazioni intere di operai, questa paura non l’hanno mai persa. Gli operai dell’Ilva sono stanchezza, doveri, rancori, famiglia, silenzi, urla, deriva, menzogna.
Gli operai dell’Ilva sono questo e molto di più.
Invisibili di Fulvio Colucci e Giuse Alemanno (Kurumuny edizioni) è un lavoro a quattro mani che raccoglie e racconta storie di uomini la cui vita è indissolubilmente legata al lavoro, sospesa in aria come il braccio di una gru, operai del più grande stabilimento siderurgico d’Europa, l’Ilva di Taranto. Su concessione dell’editore pubblichiamo due brani tratti dal libro.

per leggere alcuni estratti qui

giovedì 24 febbraio 2011

Il libro del giorno: Ragazzi ubriachi di Flavio Pagano (Manifesto Libri)























La storia vera di un gruppo di adolescenti che imbocca il tunnel dell’alcolismo, raccontata a due voci, in un bruciante confronto generazionale tra genitori e figli.

Il punto di vista di uno dei ragazzi – cresciuto in una famiglia inesorabilmente dissoltasi intorno a lui – e quello di suo padre, si alternano di capitolo in capitolo. Ma il loro reciproco tentativo di ritrovarsi deve fare i conti con una quotidianità ormai corrosa da una sorta d’inarrestabile follia e con un tragico destino che, nell’inconsapevolezza generale, ha già messo radici nella loro vita.

In Europa il venticinque per cento delle morti di giovani tra i 15 e i 29 anni è riconducibile, direttamente o indirettamente, all’abuso di alcool; un fenomeno in crescita prepotente anche in Italia. Lo confermano i dati della sesta indagine Doxa "Gli italiani e l'alcool" realizzata in collaborazione con l'Osservatorio permanente sui Giovani e l'alcool.

I ‘ragazzi ubriachi’ sono intorno a noi, nelle nostre case, eppure non ce ne accorgiamo. Bevono per motivi che sembrano futili. Per distrarsi, per trovare il coraggio di compiere un gesto spericolato o semplicemente per avvicinare una ragazza. Bevono per dimenticare una vita che non hanno ancora vissuto, soli, in una società sempre più distratta e inospitale.

L’autore: FLAVIO PAGANO (Napoli, 1962), scrittore e autore televisivo, collabora con diversi quotidiani. Ha pubblicato con manifestolibri Monologo per editore, basso continuo e lettore ad libitum (2000), divenuto anche uno spettacolo teatrale; Quelli che il rugby... un racconto ovale (2005); La finestra sul porcile (2007); Scacco al maratoneta (2008); Manuale del perfetto bugiardo (2010). Per Mursia ha pubblicato Il ritorno dei ragazzi di Mafeking (2005); La rivolta degli zingari - Auschwitz 1944, scritto insieme ad Alessandro Cecchi Paone (2009). Ha lavorato come curatore per le principali case editrici italiane.

Giosuè Rizzi. Giudizio e pregiudizio, di Giosuè Rizzi e Angelo Cavallo, illustrazioni di Emiliano Properzi (Perdisa Pop). Intervento di Nunzio Festa









In sostanza, siamo, con “Giosuè Rizzi. Giudizio e pregiudizio”, ‘ovviamente’, nella biografia d’un bandito d’altri tempi. Siamo, in sostanza, oltre la biografia raccolta con meticolosa Solidarietà da Angelo Cavallo. Veramente nel corpo del pregiudizio. Oltre che, è più che chiaro, del giudizio. E’ questo, diciamo, c’interessa maggiormente. Rizzi è in libertà solamente dal novembre dell’ultimissimo 2010; dopo che, da detenuto e qualche volta da fuggitivo, è stato per anni delinquente comune. Insomma forse non proprio il “Papa di Foggia” come un pentito di camorra volle definire l’uomo. Ma, anche se così fosse stato e quindi tanto potente fosse diventato, non possiamo che leggere la vita di Rizzi Giosuè per intero. Ovvero da quando decide, lui che è classe ’52, di cominciare a essere un fuorilegge. Però partiamo da un altro punto. Che, per quanto sia finanche giusto, l’editore punta su questo libro, su questo volume tutto umano cominciando e sottolineando aspetti d’un rapporto a distanza e vicinanza con il “caso Vallanzasca”. E, lasciatecelo dire, il confronto non è sostenibile. E non per differenza di potere o poteri. Invece questo faccia a faccia fra Cavallo e Rizzi, che la struttura mantiene il racconto d’Angelo Cavallo a riportare vicende cronachistiche in luce e testimonianze dirette di Giosuè Rizzi sulla propria esistenza e sulle sue tante attività, intanto ci spiega il carcere. La vita nel carcere. La vita del carcere. Le vite che sono il carcere. E quanto questo luogo, soprattutto a quanti tanto devono scontare molti anni, incide sulle caratteristiche personali dei detenuti stessi. Per non parlare, infine, del personale di servizio lavorativo negli assilli di queste strutture che sempre dovrebbero reintegrare nella società chi ha commesso qualcosa che non sia ottemperato dalle leggi dello Stato. Per di più, e ripartiamo dal pregiudizio, Rizzi fra le altre cose fu condannato per la “strage del Bacardi” dell’86 nella ancora bollente Foggia. Quanto alla storia, Rizzi si dice e s’è detto innocente per questa. Eppure la cronaca non ci racconta il grido dell’innocenza – almeno intima – quanto piuttosto ci propone di studiare il solito concetto del capro espiatorio. Rizzi e Cavallo, sentiamo adesso i contenuti, non vogliono spingere su una presunta buona anima di Giosué. Infatti si racconta dei furti cominciati in tenerissima età fino agli accoltellamenti vari per amicizia e per onnipotenza nelle varie e diverse carceri italiane (fino alle crisi dei manicomi criminali). Proprio in ragione d’una giusta considerazione d’un personaggio che similmente ad altri ha plasmato, persino a tratti involontariamente, l’immaginario collettivo. Attirando giudizio e pregiudizio. In prima battuta: pregiudizio. Senza scordarci che, è le cose non sono assolutamente cambiate, le carceri italiote sono il purgatorio più l’inferno dello Stato e dell’Antistato. Che lo stato deve punire, molte volte ricorrendo a trattamenti disumani, mentre l’antistato deve cercare quantomeno di sopravvivere. Ma alla fine Giosuè Rizzi comunque è riuscito a riprendersi la sua vita. Dopo tanti patimenti e tante cattive azioni ha voluto riconsegnarsi nelle mani d’una sua vecchia passione. Per sconfiggere pregiudizio e giudizio. Senza aver più debiti con una società che essenzialmente non perdona.

Giosuè Rizzi. Giudizio e pregiudizio, di Giosuè Rizzi e Angelo Cavallo, illustrazioni di Emiliano Properzi, Perdisa Pop (Bologna, 2011), pag. 184, euro 15.00.

mercoledì 23 febbraio 2011

IL LIBRO DI RENFIELD. La vera storia del discepolo di Dracula di Tim Lucas (Gargoyle Books)












Il libro - Nel suo celebre saggio The Annotated Dracula, Leonard Wolf - tra i massimi studiosi del personaggio e dell'opera stokeriana - scrive: «Con il suo brusco annuncio, Il Maestro è vicino, Renfield assume il ruolo di un anti-Giovanni Battista che proclama la nascita di un anti-Cristo», così come il Battista annunciava l'avvento di un Dio buono e misericordioso, Renfield annuncia l'imminente arrivo in Occidente, in primis nell'Inghilterra vittoriana, di un'entità straniera, portatrice di lutto e sciagura. Renfield appartiene dunque all'inquietante stirpe degli annunciatori, di coloro che danno l'allarme, che avvertono della prossimità di eventi sconvolgenti. Ed è proprio l'esaltazione di quest'importantissimo ufficio a costituire la fertile materia narrativa dai disarmanti risvolti del Libro di Renfield di Tim Lucas. La struttura dinamica del romanzo - formata, da un lato, dai diari privati dello psichiatra Seward e dall'altro dalle trascrizioni stenografiche dei racconti del paziente Renfield - agevola la messa a fuoco di molteplici prospettive, sfaccettature e dettagli, nonché il sedimentarsi di un tono incredibilmente realistico. Si ha, così, l'impressione di trovarsi dinnanzi a una sorta di documentario letterario in corso d'opera, attraverso cui il lettore viene direttamente immesso nella mente deformata di Renfield, comprendendo a pieno i motivi che lo hanno spinto a porsi come ambasciatore del Male. Lucas rende manifesto il tributo d'ispirazione a Dracula innestando nel suo romanzo stralci originali che evidenzia in grassetto. Questa vivida e costante interlocuzione con l'opera stokeriana attraverso la selezione di alcune sue parti ha l'effetto di enfatizzare particolari significati e atmosfere, altrimenti solo evocati. Lucas è, dunque, autore che non sfugge l'intertestualità, anzi la cerca, la esplicita, l'esalta. «Cosa fanno molti dei narratori migliori se non tracciare dei parallelismi», egli afferma. Il libro di Renfield è diventa, dunque, testo emblematico della validità di continuare ad attingere dalla storia, inclusa, la storia della letteratura, detentrice di un ruolo di primo piano nella decodifica del reale. Mostrando il suo debito di riconoscenza al Dracula stokeriano, Lucas ne sancisce, quindi, non solo la perdurante modernità, ma persino l'attualità. In tal senso può leggersi il collegamente con l'11 settembre - il Grande Lutto americano prima e occidentale poi - che lo scrittore attua verso la fine del suo romanzo inserendovi un articolo originale scritto all'indomani di Ground Zero dall'amico newyorkese Richard Harland Smith, il quale, per spiegare i sentimenti di devastante precarietà che attanagliano lui e i suoi concittadini, li paragona a quelli provati da alcuni personaggi dell'opera stokeriana verso il catastrofico infiltrarsi di Dracula nelle loro esistenze. Agendo da monito contro la seduzione del Male - un Male che spesso non si è in grado di riconoscere, né tanto meno di combattere e che forgia adepti, responsabili di delitti terribili compiuti in nome di una fede accecante qualsiasi razionalità - la parabola di Renfield seguita ad agganciarsi con le paure più profonde dell'uomo di oggi.

L'autore- Nato a Cincinnati (Ohio) nel 1956, Tim Lucas è un affermato critico cinematografico, curatore della pluripremiata rivista Video Watchdog, attiva da oltre venti anni, e storico collaboratore della sezione video del Mystfest di Cattolica, grazie al suo impegno è stato possibile conoscere pellicole altrimenti invisibili in Italia.

Oltre a varie attività come sceneggiatore, biografo e poeta, Lucas è autore di Mario Bava: All the Colors of the Dark (2007), considerato il saggio più approfondito ed esaustivo sul cinema del grande Maestro italiano dell'horror, premiato con l'International Horror Guild Award. Il libro di Renfield è il suo secondo romanzo dopo Throat Sprockets (1994), ispirato a un graphic novel.

Dal Libro di Renfield - “Immagino che voi, come me, conduciate una vita scissa, diciamo così, tra l'azione esterna e la contemplazione interna. Introspezione, così la chiamano. Io ho sempre prediletto l'introspezione all'azione, e ho passato gran parte della vita a guardarmi dentro. Dentro, amico mio, non c'è altro che un vuoto abissale. Il nostro scopo è riempirlo, non esplorarlo. Non spetta a noi vedere o capire l'opera di Dio. Le risposte alle nostre domande risiedono oltre i nostri limiti, assolutamente fuori dalla nostra portata.”

Dalla Nota finale "La follia e il corpo: le maschere di Renfield"- [.] il romanzo di Lucas, come chiarisce il suo sottotitolo - A gospel of Dracula - è un vangelo, un cammino di avvicinamento al Dio Oscuro, in cui la comunione è rappresentata dal cibarsi della carne e del sangue delle vittime, con un chiaro riferimento ai sacrifici precristiani. [.] Renfield ci lascia intuire "un mondo in cui esiste il male" : il mondo moderno; non perché il male non esistesse prima, ma perché il "secolo breve" ce ne ha concesso la consapevolezza. [.] Il problema svelato dall'esistenza di Dracula è dunque la scissione del mondo, o meglio la perdita dell'innocenza ottocentesca [.] Dracula però è anche uno dei modi con cui il vittorianesimo si sfalda, dando un nome alla resistenza/ribellione nei confronti dell'imperante positivismo. Il finale del romanzo di Lucas, d'altronde, è, con ogni evidenza, un finale etico, in cui ci viene ricordato che ignorare la realtà del male è una delle strade del demonio.

IL LIBRO DI RENFIELD. La vera storia del discepolo di Dracula di Tim Lucas (Gargoyle Books). Traduzione di Elena Cecchini. Con una Nota finale di Alessandro Defilippi

Il libro del giorno: Aspetta primavera, Lucky di Flavio Santi (Edizioni Socrates)






















L’inverno di Fulvio Sant, giovane traduttore e letterato tuttofare, trascorre come il suo metabolismo, dipendente dalle mail altrui e dal tubicino del suo inseparabile aerosol. Un povero cristo del nostro umanesimo che odia il potere e vorrebbe avere il talento di Martin Amis o l’impeto sardonico di Bianciardi, ma si ritrova invece a ruminare i suoi giorni come un novello Fantozzi. La sua vita, mese dopo mese, ha sempre più un sapore agro e con lei gli affetti: ama Giulia, la moglie, clone di Simone Weil, ma desidera Sveva e la sua schiena da nuotatrice. Vive in un Paese dove il futuro è dei giovani ma non il presente e nel quale fa sempre più fatica a riconoscersi. Ogni sua azione gli sembra velleitaria: un sogno con Pasolini che resta in Friuli per tutta la vita, una lettera a Veltroni, insegnare letteratura a giovani brufolosi, vagheggiare la bomba al Pirellone. Non restano che le parole di un poeta, di Simone, amico vero che ormai però non c’è più. Aspettando sempre che la neve sul parabrezza si sciolga e arrivi primavera.

"La notte è fatta per gli uomini che si svegliano di colpo nel cuore della notte. Così anch’io mi sveglio di colpo nell’oceano scuro e sterminato di questa notte. Un triangolo delle Ber mu da formato camera da letto due metri per tre. Soffoco, annaspo, cerco un’ancora di salvezza nel buio fitto delle tenebre, esposto ai gelidi monsoni del mio disorientamento. Mi sento uno struzzo, la testa sotto terra. Accanto a me c’è Giulia. Devo aver svegliato anche lei. Sento che borbotta qualcosa. «Cristo, ho fatto un sogno, un lungo sogno» le faccio, tremando ancora, la gola chiusa e una specie di brina sugli occhi. Cerco di raddrizzarmi. Per un attimo avverto una fitta alla schiena. Allora lei allunga una mano e accende la luce sul comodino. Un cono giallo canarino invade il suo spazio, illuminandole i capelli e parte del cuscino. Non riesco a vederle il viso, mi dà le spalle. Immagino che tenga gli occhi chiusi. «E che hai sognato?» gorgoglia ancora incredula e addormentata. «Ti va se te lo racconto?» le faccio di getto, come se in bocca avessi un tizzone ardente da sputare via prima possibile..".

Flavio Santi - (1973) vive in campagna alle porte di Pavia. Alterna l’attività di traduttore (Balzac, Celan, Gifford, Kelman, Stone, Smith ecc.) a quella di libero docente universitario. È autore di libri di poesia, tra cui Rimis te sachete (Marsilio, 2001), Il ragazzo X (Ed. Atelier, 2004), dei romanzi Diario di bordo della rosa (PeQuod, 1999) e L’eterna notte dei Bosconero (Rizzoli, 2006), della raccolta di racconti La guerra civile in Italia (Sartorio, 2008).
Suoi racconti, romanzi e poesie sono tradotti in numerose lingue.

martedì 22 febbraio 2011

Il libro del giorno: Topi di Gordon Reece (Giunti)





















Impaurite e remissive, Shelley e sua madre sono abituate a subire: dal padre che le ha abbandonate scappando con una ventenne, dalle compagne di scuola che con le loro violenze hanno rovinato il volto di Shelley, dai colleghi di lavoro della madre. Per questo decidono di ritirarsi in una tranquilla casa di campagna lontana da tutto e da tutti: in fondo sono topi e i topi hanno bisogno di un nascondiglio per sottrarsi agli artigli dei gatti. Ma una notte un balordo entra in casa, le lega e le minaccia per ore. La rabbia per l'ennesimo sopruso fa esplodere in Shelley una ferocia mai provata: la ragazza riesce a liberarsi, insegue il ladro e lo pugnala fino ad ammazzarlo con l'aiuto della madre. Nello spazio di una notte, le due donne si trovano trasformate da vittime in carnefici. Da topi in gatti. In un crescendo sbalorditivo di colpi di scena, madre e figlia decidono di seguire il nuovo corso degli eventi. Fino a che punto saranno disposte a spingersi per occultare l'omicidio e restare impunite?

Tua di Claudia Piñeiro (Feltrinelli). Intervento di Elisabetta Liguori













Prendiamo una famiglia latina media, e forse non soltanto latina. Prendiamo una famiglia media. Una donna poco oltre i 40, non bella non brutta, casalinga frustata, dotata di madre tiranna capace di instillarle, anche da lontano, i soliti estenuanti sensi di colpa; un marito di successo ancora piacente; la sua amante adorante; una figlia adolescente, incompresa e incomprensibile, serrata perla nella sua ostrica di dolore. Prendiamo un matrimonio ventennale, comunicazione ridotta all’osso, sesso scarso e silente, solita routine: prendiamo una coppia come tante, insomma, e infiliamoci dentro un evento imprevisto. Un colpo di scena. Mescoliamo il tutto ed ecco “Tua”, romanzo di esordio di Claudia Piñeiro, classe 1960, drammaturga e romanziera, molto affermata in Sudamerica, appena edito in Italia da Feltrinelli. Un thriller ben orchestrato, con scenari che si trasformano vorticosamente fino ad un finale inevitabile. Difficile da credere, ma la forza di questo romanzo sta proprio nella consuetudine, oserei direi nella banalità dei gesti, nell’ovvietà del plot, sviluppato attraverso un lessico immediato. L’autrice narra in prima persona, guarda dritta in telecamera: prese dirette, campi corti, stacchi repentini, e tutto accade esattamente come potrebbe accadere nella vita reale di ciascuno di noi. Leggendo nulla ci disorienta, eppure tutto ci sorprende, anche questa sorta di vivisezione del cuore e delle sue manifestazioni formali e sociali. Come diceva Flannery O’Connor, per il male basta la realtà, non c’è bisogno della letteratura. Il male per Claudia Pinero ha, dunque, il colore e la consistenza collosa di un rossetto. È letteratura quasi senza volerlo essere. La storia, infatti, è sintetizzabile in poche battute: Inés, moglie devota, sospetta che Ernesto la tradisca; ne ha la conferma trovando per caso nella sua borsa da lavoro un messaggio firmato col rossetto. “Tua” è il codice condiviso dai due amanti. “Tua” è il nome del dolore di Inés, quindi, al quale la donna sceglie di reagire con tutta la dignità della quale è capace. Seguendo il marito, la sera stessa lo trova che discute con l’amante in una zona appartata della città. Dopo un’accesa discussione “Tua” viene spintonata da Ernesto e cade, battendo fatalmente e violentemente la testa su un sasso. Il morto c’è, quindi, come in tutte le storie simili; quello che invece manca è il reato. Ernesto sembra innocente. O almeno è questo ciò che Inés vuol credere. Ciò che una donna come lei deve poter credere per sopravvivere. All’inizio la donna decide di non condividere con nessuno questa scoperta, né con il fedifrago né con la figlia, e costruisce una strategia di difesa solitaria. Da qui prende il via il thriller psicologico, in cui tutto vorrebbe essere diverso da quello che sembra, mentre invece è esattamente come deve essere. Anche la tragedia che vive parallelamente la figlia dei due coniugi è un dramma estremamente comune, uno dei quali oggi sono pieni i consultori. Potrebbe accadere a me, a te, potrebbe accadere a chiunque, anche domani stesso. Quello che sembra un triangolo, infatti, è figura solida ben più complicata, ma nota. Stella a più punte, che coinvolge mogli, amanti, figli, sconosciuti, con una ironia ed una comicità tragica che coinvolge il lettore fin nel midollo. Imponendo allo stesso un’immedesimazione tanto obbligata quanto piacevole.

lunedì 21 febbraio 2011

Il libro del giorno: Mammut di Antonio Pennacchi (Mondadori)




















Benassa è lo storico, coriaceo rappresentante sindacale dei lavoratori alla Supercavi di Latina-Borgo Piave. La tuta blu sull'anima, la trattativa nel sangue, era il terrore di ogni direttore del personale. Tutti i comunicati che emetteva il Consiglio di fabbrica, li componeva lui di notte. Ed erano poemi. "Mazzate a rotta di collo sull'Azienda e su tutti i Dirigenti. Come movevano una paglia, lui li tartassava sopra la bacheca." Sapeva fare solo quello. E solo quello aveva sempre fatto. Per anni ha guidato le lotte dei compagni, tra cortei e blocchi stradali, picchetti e occupazioni, conquiste e delusioni, ma ora che bisogna combattere l'ultima decisiva battaglia sindacale, la gloriosa azione collettiva per tenere la fabbrica aperta e sul mercato, Benassa è stanco. Sul punto di mollare. O forse no. Dopo un'occupazione epica della centrale nucleare di Latina, in due giorni di febbrile clausura nel sepolcro dello stabilimento, Benassa cerca di spiegare ai propri compagni le sue ragioni. Perché dopo vent'anni spesi a lottare per loro sta per cedere alle richieste del capo del personale? Perché è sul punto di accettare di essere pagato per stare fuori dalla fabbrica? Questo è il primo libro di Antonio Pennacchi, il suo romanzo d'esordio, una grande epopea operaia scritta nel 1987, quando era lui pure come Benassa operaio in Fulgorcavi, e il suo eccentrico talento doveva vedersela coi turni di notte alle coniche e alle bicoppiatrici.

Warszawa di Fabio Elia (Edizioni La Gru). Intervento di Paolo Merenda












Warszawa è un romanzo strano. Così strano, forse, da non poter essere nemmeno definito romanzo. Una storia la cui trama è semplice: Felix, un polacco, che insegue Felix, un turco, per ucciderlo, nonostante i due non si conoscano e non ci sia reale motivo per l’astio che l’uno prova per l’altro. Descritto così, potrebbe non attrarre il lettore, che invece, una volta aperto il libro e iniziata la lettura, si trova immerso nella storia, ironica, cinica e dai personaggi apparentemente senza senso. Ma proprio questa mancanza di punti cardine apre un mondo completamente nuovo. Dalle forze dell’ordine, che servono la legge in maniera del tutto originale, ai vari personaggi con cui i due Felix interagiscono. Un festival del nonsense, nel quale fa capolino più volte la città di Varsavia, forse la vera protagonista, con i suoi monumenti, le sue costruzioni, le piazze, e la popolazione. Gli abitanti della capitale polacca infatti sono parte della città e della trama, assorbiti dalla loro vita ma che si lasciano prendere dai due Felix. Come Kapustka, ossessiva cassiera del Carrefour-Rapido, che di rapido non ha nulla, la cui vita cambia nel momento in cui incontra l’aspirante omicida e il fuggiasco. Fino ad allora, la sua esistenza era stata scandita dai bip-bip delle compere. Una vita a emozionarsi grazie solo alla verdura che vede passare dalla sua postazione alla cassa e che da quel momento, gradualmente, cambia. Allo stesso modo cambia l’occhio del lettore, quando, col passare delle pagine, trovano spazio le digressioni e i pensieri dell’autore “onniscente senza i” e coglie qualche particolare della storia della città, come è uscita dalla guerra, dai bombardamenti, provata, segnata in maniera indelebile, ma capace di rialzarsi. Come per un condannato a morte, che deve scontare la sua pena in uno stato di salute ottimale, così il Felix polacco, l’aguzzino, aiuta il Felix turco, la preda, quando capisce che sta per perdere le forze. Un incontro, il loro, nel quale si spalleggiano, mangiano l’immancabile kebab, e con la potenziale vittima che, in altri frangenti, fa in modo di non farsi prendere, ma restando vicino all’inseguitore, in modo da non terminare la caccia all’uomo. Tutto prima del finale in crescendo, una danza bizzarra con Kapustka che decide di vivere appieno la sua vita, il folle personaggio di Arunas, aspirante sindaco e padre del Felix polacco, e i due protagonisti alle prese con l’ultima corsa. Un romanzo che lascia, a lettura conclusa, sì il buonumore, ma anche numerosi, e validi, spunti di riflessione.

domenica 20 febbraio 2011

Il libro del giorno: Il cuore del regno di Arturo Paoli (Dissensi edizioni/Edizioni Creativa)



















I suoi libri e la sua opera a fianco degli ultimi del sud del mondo ne fanno una delle figure (anche se critica) della Chiesa più amate degli ultimi decenni. Da sempre si batte con coerenza per un cristianesimo più autentico e vicino al vero messaggio di Gesù.

Abbiamo costruito e seguiamo un cristianesimo individualista. Tante persone, per fortuna, ora sempre in meno, sono ossessionate dal pensiero di salvarsi l’anima, mentre si continuano ad esportare guerre, a rapinare i beni delle nazioni povere. (…) In questo modo si è spento il messaggio reale di Cristo che è quello di trasformare in modo concreto la realtà attraverso progetti politici guidati dal vero bene.

Introduzione di Gianluca Ferrara

Vivere con frequenza di Paolo Lunghi (Ibiskos-Ulivieri)












Dopo la pubblicazione di “Via Etere” e dopo l’uscita del “RadioLibro”, Lunghi torna in libreria con un nuovo libro che racconta la Radio attraverso i dialoghi di coloro che c’erano, visto con l’occhio dei personaggi che hanno vissuto la storia delle Radio Libere. Una storia dei nostri giorni, le molte facce della stessa medaglia che ha caratterizzato il nostro passato, il presente e che condiziona il futuro di tutti noi. Passaggi fondamentali attraverso il "tempo", il nostro "tempo", quello che abbiamo alle spalle e quello che ci resta da "vivere... con frequenza ".

Tappe importanti vissute attraverso i protagonisti del vecchio e del nuovo secolo, passando dalla Radio, dalla Musica, dai grandi Concerti, dai Film, dai dubbi e dalle speranze della nostra Storia personale.

Un’analisi sulle dinamiche dell’informazione e sulle logiche mediatiche, raccontate attraverso i dialoghi dei protagonisti e dei fatti realmente accaduti, che hanno determinato cambiamenti epocali e storici.

Un libro edito da Ibiskos-Ulivieri che già da oggi può vantare la vincita dell’Oscar della Radio 2010, prestigioso premio nazionale organizzato da Tonino Luppino nel comune di Vibonati.

Il libro vede oltretutto la preziosa partecipazione, con pezzi scritti di pugno, di molti personaggi noti del modo della comunicazione che, ognuno per il proprio ruolo, ha condiviso e vissuto la storia raccontata quali: Carlo Conti, Marco Baldini, Marco Liorni, Dario Ballantini, Cristiano Militello, i cantanti: Marco Masini, Leee John, Ronnie Jones, Belen Thomas, Ryan Paris, Laura Luca, il giornalista Antonio Mancini, la giornalista e On. Tana de Zulueta, oltre ad Annalisa Marconcini, il prof. Cristiano Mazzanti, l’ing. Marco Lastri, l’assessore alla cultura Eleonora Caponi e la dirigente scolastica Rossana Ragionieri, che ha redatto l’introduzione.

Un viaggio nell’etere, con la musica, la creazione dei format anche attraverso i messaggi racchiusi nelle canzoni, i rapporti d’identificazione con i personaggi della radio, i film, i grandi concerti che hanno caratterizzato il nostro tempo, partendo dalla Sicilia facendo tappa in Toscana e passando attraverso molte città e paesi quali: Livorno, Firenze, Sapri, Empoli, Napoli, Roma, Venezia etc… per concludersi a Londra al mitico concerto dei Pink Floyd del 6-8-88 e poi con l’estrema espressione del concetto di normalità nelle sue molteplici e soggettive facce, anche in ambito religioso e sessuale, a Brighton città cara all’autore, sul prato del Royal Pavillion,

Un libro ricco di domande e forse risposte, che attraversano il "tempo" e che incidono sul nostro modo di vivere e giudicare, insomma una profonda storia dei nostri giorni che vale veramente la pena di “vivere”, cercando di non essere la persona sbagliata nel posto sbagliato.

Un libro pubblicato grazie al supporto di REA Radiotelevisioni Europee Associate ed Assoartisti/Confesercenti, e al contributo dell’Avis, e i Fornai Pasticcioni.

sabato 19 febbraio 2011

Il libro del giorno: I 99 giorni che travolsero il Cavaliere di Philip M. Godgift (Fazi editore)






















Protagonisti del romanzo/saggio di Godgift sono i principali politici italiani che si muovono, parlano e agiscono in maniera più che realistica durante i 99 giorni che portano alla caduta del Cavaliere. Attentati, sesso, violenza, lusinghe, ricatti, pedofilia e congreghe occulte si intrecciano sullo sfondo cabalistico della lotta politica in vista delle nuove elezioni che devono decidere le sorti dell’Italia.
Sembra tutta fantasia, si tratta invece di uno scenario verosimile, per non dire del tutto veritiero nell’immediato futuro: con un tono grottesco e a tratti esilarante, l’autore costruisce una campagna elettorale insanguinata e costellata di finti dossier, una svolta autoritaria che spingerà il Presidente Napolitano ad abbandonare il Quirinale e a candidarsi premier per il centrosinistra.

L’autore, Philip M. Godgift, si presenta come un giornalista italoamericano che, inviato a Roma per un’inchiesta sulla pedofilia nella Chiesa, si ritrova ad assistere ai 99 giorni che portano alla caduta del Cavaliere. Su consiglio di un amico italiano ha pubblicato questo suo diario in cui ha annotato, giorno dopo giorno, senza ipocrisie e ambiguità, le impressioni ricavate dall’osservatorio privilegiato della sala stampa estera.

È stato però insinuato che Philip M. Godgift non sia un inviato straniero, ma che si tratti del nom de plume di due noti giornalisti dei maggiori quotidiani italiani che hanno dovuto indossare i panni esteri per non incorrere nelle ire dei rispettivi editori e dei loro amici variamente sbeffeggiati.

Tocca al lettore scoprire la reale identità dell’autore, aggirandosi tra i mille indizi seminati in questo romanzo che aderisce come uno spiritoso rebus alla storia politica di un’Italia già ricca di misteri irrisolti.

Basta poco di Antonio Galdo (Einaudi)





















Antonio Galdo, con il suo “Basta poco” (Einaudi) illustra quali sono i piccoli gesti coi quali nel nostro quotidiano possiamo incominciare a cambiare il nostro atteggiamento nei confronti dell’eco-sistema nel quale viviamo e che dobbiamo preservare.

“Lo spreco è stato il motore truccato di un capitalismo senza anima. Ma la grande crisi ci costringe a cambiare. Che fare? Basta poco per una nuova vita, ma può valere molto.” Basta poco per cambiare il mondo, passo dopo passo. E basta poco a chi vuole vivere bene, felice e senza sprechi. Dopo Non sprecare, Antonio Galdo ritorna sul necessario (e possibile) cambiamento del nostro modello di consumo e di sviluppo, raccontando le grandi idee che potrebbero salvare il pianeta, ma anche i comportamenti quotidiani che migliorano il mondo intorno a noi. Se la crisi globale rischia di rendere tutti più poveri, forse vale la pena di riscoprire la sobrietà; se l’inquinamento e lo sfruttamento delle risorse naturali sta minacciando il nostro futuro, forse bisogna capire che si può vivere meglio con meno; se le nostre giornate sono assediate dal lavoro, dal traffico, dallo stress, forse si può tornare a un rapporto più equilibrato con il tempo e lo spazio che ci circonda. Come possiamo liberarci dalla dipendenza del petrolio? Come possiamo utilizzare meglio gli strumenti tecnologici che abbiamo, senza farcene dominare? Come tornare al piacere della normalità, senza finire nell’ossessione della decrescita? Un libro di storie da tutto il mondo, alla frontiera dell’innovazione, ma anche della dimensione individuale delle nostre scelte quotidiane.

Antonio Galdo, giornalista e scrittore, ha pubblicato per Einaudi Fabbriche, il romanzo della fabbrica italiana. Per molti anni si è occupato nei suoi libri degli sprechi, denunciando fatti e misfatti della vita pubblica, da Ospedale Italia a Guai a chi li tocca fino a Saranno potenti? In Non sprecare (Einaudi, 2008) ci racconta lo spreco peggiore: quello che ognuno di noi coltiva nell’indifferenza e nell’egoismo. E ci porta a scoprire uomini e donne straordinari: quelli che non sprecano. Nel 2011 ritorna con Basta poco raccontando le grandi idee che potrebbero salvare il pianeta, ma anche i comportamenti quotidiani che migliorano il mondo intorno a noi.

venerdì 18 febbraio 2011

Il libro del giorno: Una forma di vita di Amélie Nothomb (Voland)


















"Quella mattina ricevetti una lettera diversa dal solito". Inizia così l'ultimo libro di Amélie Nothomb, in cui la scrittrice si confronta con un genere che conosce bene, quello epistolare. Amélie infatti passa parte del suo tempo a rispondere alle lettere dei suoi numerosissimi fan. La lettera arriva da un soldato americano di stanza a Bagdad, Melvin Mapple. Siamo agli inizi della presidenza Obama. L'uomo spera di tornare a casa. Come molti soldati americani in Iraq è afflitto dalla bulimia e da un'obesità sempre più preoccupante, legate alla paura degli attentati, all'orrore della repressione e alle costrizioni della vita militare. Poco a poco Amélie si affeziona al soldato Mapple e ai suoi compagni obesi, quelli di taglia XXXXL. Per aiutarlo a trovare una via d'uscita, gli suggerisce di praticare la body art fotografando sé stesso e il cibo in ogni momento della giornata. All'improvviso però Melvin Mapple smette di scriverle e Amélie, sconcertata, tenta di ritrovarlo... Il finale è naturalmente del tutto inatteso. In questo romanzo l'autrice torna ad affrontare temi a lei profondamente congeniali, come la bulimia, la solitudine e la fuga nella monomania.

La città di Adamo di Giorgio Nisini (Fazi editore)










Dopo La demolizione del Mammut, vincitore nel 2010 del Premio Corrado Alvaro Opera Prima, finalista al Premio Tondelli 2009, Giorgio Nisini esce con il nuovo e atteso romanzo, un “giallo morale e esistenziale” (Massimo Onofri), che si propone, grazie alla messa in scena di un conflitto all’apparenza insanabile tra dato razionale e intuitivo, come punto di partenza per un “realismo metafisico” italiano. Una storia sui limiti della conoscenza, sulla difficoltà di separare il bene dal male. La città di Adamo è il romanzo che Fazi Editore candida alla 65° edizione del Premio Strega. Marcello Vinciguerra è un imprenditore agricolo di successo. La sua azienda, ereditata dal padre, è una tra le più importanti d’Italia. Ha una bella moglie, Ludovica, donna sofisticata e complessa, proprietaria di un negozio di arredamento e amante del lusso e del design, vive in una bella casa, conduce una vita – almeno in apparenza – piena di sicurezze. Una sera, però, un servizio televisivo dedicato a un potente boss della camorra fa riaffiorare nella sua memoria un ricordo dell’infanzia. E con il ricordo il dubbio. Quel boss era lo stesso uomo che lui e suo padre incontrarono, tanti anni prima, in mezzo a strani edifici a forma di cilindro? Chi era davvero suo padre? E quale ombra si nasconde nel passato della sua famiglia? L’inquieto affollarsi di queste domande spingono Marcello a una ricerca ossessiva della verità, che in una crescente spirale di avvenimenti – tra cui la scoperta di una misteriosa fotografia risalente ai primi anni Cinquanta e un breve viaggio in un’immaginaria cittadella camorrista – lo porterà a scontrarsi con un mondo inafferrabile e ambiguo, in cui tutti possono essere onesti o collusi, corrotti o corruttori.

Giorgio Nisini è nato a Viterbo nel 1974. Studioso di cinema e letteratura, insegna Sociologia della letteratura all'Università di Roma "La Sapienza”. Il suo primo romanzo, La demolizione del Mammut (Perrone, 2008), ha vinto il Premio Corrado Alvaro Opera Prima ed è arrivato tra i cinque finalisti del Premio Tondelli.

giovedì 17 febbraio 2011

Il libro del giorno: Il futuro bruciato di Stefano Montanari (Dissensi edizioni)













Un viaggio affascinante in quella pallina blu tanto piccola per l’Universo e tanto grande per noi che è il pianeta Terra. L’Uomo ci abita da due milioni di anni e per tre quarti di questo tempo è vissuto come qualsiasi altro animale. Poi… Poi un gigante cugino di Giove gli ha regalato il fuoco e da lì l’Uomo ha cominciato, prima lentamente, e via via a velocità crescente, a cambiare se stesso e l’ambiente. In bene o in male? In maniera snella e divertente, Montanari ci fa da guida nella visita ad un pianeta che forse non conosciamo del tutto, spiegandoci in termini semplici quali sono le leggi della Natura da cui non si può sfuggire, quali sono le conseguenze dell’essere l’unico animale che produce rifiuti e che spreme energia, che cosa sono le polveri sottili di cui tanto si parla e di cui poco si sa… Insomma, un libro facile che chiarisce le idee su argomenti universali diventati di stretta attualità per i problemi planetari ora improvvisamente, e quasi a sorpresa, sotto gli occhi di tutti ma che sarebbero stati facilmente pronosticabili semplicemente applicando le conoscenze scientifiche acquisite da tempo. E, allora, sulla scorta di ciò che sappiamo ora vediamo di pronosticare il futuro. Bello o brutto dipende solo da noi.

Illustrazioni di Vilfred Moneta

Come vendere un milione di copie e vivere felici di Antonio D'Orrico (Mondadori). Intervento a cura di Elisabetta Liguori












Il grande Vladimir Nabokov, preso come era dal rigore naturale di farfalle e lepidotteri, oltre che dalla letteratura, era solito affermare che il vero scrittore non deve essere un precettore, né una guida morale, né tanto meno un sociologo. A suo parere doveva sforzarsi di essere invece un illusionista. Un abile mago. Di Nabokov, è certo, possiamo fidarci e permetterci dunque di immaginare Antonio D’Orrico come un giocoso Haudini.

Critico letterario, giornalista, opinionista, festoso scrittore di tendenza D’Orrico, con il suo romanzo Mondadori dal provocatorio titolo “Come vendere un milione di copie e vivere felici” tenta infatti la strada di una funambolica evasione. Con la forma del romanzo grottesco, Antonio D’Orrico ci racconta il dorato, equivoco, strabiliante mondo della letteratura e il primo desiderio che si prova leggendone è quello di fuggire. Perché stupirsene? A certi giochi D’Orrico ci ha abituato da tempo, attraverso miracolose recensioni, che, più che far critica, fanno satira, costume, colore. Le sue castigant ridendo mores, direi quasi, secondo le più nobili tradizioni latine. Letterato sempre pronto ad incenerire miti, colpire eccessi, ridimensionare correnti o incoronare romanzi capolavori da altri trascurati, d’Orrico ha scoperto scrittori sommi, creato paralleli e confronti tra diverse letterature, che a molti colleghi erano sfuggiti. È stato il caso di Faletti, Piperno e Cappelli. La recente esaltazione per i romanzi di Gaetano Cappelli resta la battaglia più meritevole, la più ardua e, nello stesso tempo, la più affine. Per certi versi, infatti, lo stile di D’Orrico ricorda proprio quello caustico, brioso ed amaro del grande Cappelli, pur senza toccarne i vertici passionali. La storia in sintesi? Il prof Federico Sicoli insegna agli allievi della Scuola Superiore di Scrittura “ C. Pavese”. Scrivere è un “ruba ruba”, spiega sin dalle sue prime lezioni, e, per far sì che gli aspiranti scrittori se ne convincano, fa addirittura indossare loro le mascherine nere della Banda Bassotti. Da questo incipit prendono il via le avventure, tra il comico e tragico, di due allievi in particolare: Vittorio Campari e Kashmir Paolazzi, due individui particolarmente dotati, con i quali, in tempi diversi, il prof Sicoli ingaggia un vero e proprio duello, a suon di pubblicazioni, sortite nei salotti della buona società, folli sceneggiature, fiction e sgambetti vari. Nessun colpo è escluso. Nel nome della Scrittura, infatti, per Sicoli sono possibili molte nefandezze. Lo scrittore deve sapersi trasformare di continuo, afferma il docente con cognizione di causa, mascherarsi, usare il nome giusto al momento giusto, deve saper infrangere ogni tabù, essere senza vergogna, senza pudore, deve sapere preservare, conservare se stesso e le proprie parole, perché nulla si cestina, ma tutto si ricicla. Ciò che più conta per lo scrittore, infine, è conoscere, sempre e comunque, le giuste domande (mentre le risposte, invece, non contano granché!). Siamo quindi dinanzi ad un romanzo gioco, che ha tutta l’aria di uno sberleffo nei confronti di quanti, in quello stesso mondo, tendono a prendersi troppo sul serio. Una serie di scatole cinesi, con rimandi dotti ad altri romanzi, citazioni, coriandoli d’arte che oscillano tra il noir e la commedia, con risultati a volte sorprendenti. D’Orrico, quindi, sembra davvero dotato di una sorprendente tecnica circense, producendosi in questa sua nuova, talentuosa risata, ma quello che latita, forse scientemente, nel suo romanzo è giusto il cuore. O, meglio, la pietas, quella rivolta alle miserie e alle debolezze degli uomini, pure tanto cara ai latini.

mercoledì 16 febbraio 2011

Il libro del giorno: Gli ingegneri non vivono funzionano di Federico Bellucci (Fazi editore)












Proprio così noiosi? - Identikit dell'ingegnere - Da bambino - L'università - In cerca di un lavoro - Lavori tipici - Il nucleo familiare - Il rapporto di coppia - Hobby - Il senso dell'umorismo - I diversi rami - Le rivalità - Gli ingegneri e il sesso - Gli ingegneri e il lavoro - Definizioni e dimostrazioni. Questi alcuni dei capitoli in cui è suddiviso questo spassosissimo libretto che prende di mira una categoria come quella degli ingegneri attraverso la disamina di luoghi comuni, barzellette e battute che ne tratteggiano ironicamente la figura. Dal suo identikit alla vita quotidiana, l'ingegnere-tipo è descritto nei minimi particolari grazie alle acute osservazioni dell'autore - ingegnere a sua volta - che, con uno stile semplice ma pieno di verve, riesce a coinvolgere chi legge in maniera irresistibile.

Federico Bellucci, laureato in ingegneria elettronica con indirizzo informatico, è nato e vive a Roma.


Federico Bellucci

Gli ingegneri non vivono, funzionano!

pp. 96 ca. - euro 10,00

isbn: 978-88-6411-149-0

Ci sono cose che una non può fare scalza, di Margarita García Robayo, traduzione di Claudia Tarolo (Marcos y Marcos). Intervento di Nunzio Festa












Le donne di Margarita Robayo, ovvero tutte le donne del mondo, ovvero le nove donne – Julia, Beatriz, Sofia, Mary, Lili, Miriam, Susy, Diana, Rina – del mondo esemplare di M. G. Robayo sono ritratte all'altezza d'un dettaglio. Che interamente è capace di spiegarci la vita della protagonista delle vicende del racconto. E, alla fine, il fattore che siamo ovviamente in una dimensioni d'incroci fra soggetti è quasi secondario. Potremmo trovarci in più angoli del pianeta, ma quel che è sicuro è che intanto siamo in una città: lo si comprende, soprattutto, da ritmi di vita e spazi analizzati col flash. Queste donne narrate dalla giovane autrice colombiana, di stanza in Argentina, sono infiocchettate grazie al talento della scrittrice - con il quale è brava a sperimentare il dettaglio (firmare chiuse vitali e contro la vita che non lasciano in bocca il gusto del non detto); nonostante tutto. Se Julia è l'anima sicura di sé, dall'altra parte della finestra spunta Beatriz che seppure in banca incontri l'ex d'una sola volta Carlos, è moglie dell'Arturo che la stessa Beatriz porta a letto. E attenti al tacco. Mentre Sofia aspetta Rodrigo che fa il medico in Africa, allo stesso barista che aveva incontrato Beatriz fa mettere le mani sensuali sul suo golfino dono del maritino. Dimenticando l'amica Mary, che ha come ex marito il Carlos di prima. Eccetera. A ognuna di questa anime, però, anzi ovviamente, manca qualcosa. Tutte queste donne sono soddisfatte solamente in parte. Eppure godono almeno le loro piccole soddisfazioni. Il solito uomo, invece, ha una serie di colpe. A seconda dei casi che si vogliano analizzare o solo ascoltare. Le doti di Margarita Garcìa Robayo non si fanno notare esclusivamente per il fatto che letto un racconto si voglia subito correre al successivo, ma quando nella quotidianità riscoperta viene eliminato lo strato di banale pronto a mettere il cellofan a descrizioni su descrizioni. Qui la penna pazzerella e a tratti sarcastica della autrice beve ogni respiro pronunciato di nascosto dalla donna. Senza dubbio, il racconto più bello parla dell'ex bambina prodigio. Quella che non si toglie di dosso l'immagine di se stessa premiata continuamente in televisione per la sua forza nei quiz. Non più bimba, la donna è ancora piccina. Con in più la certezza assoluta rappresentata da un padre che non la sostiene come dovrebbe. Inutile privilegiare autori statunitensi, soprattutto, terra d'adozione creativa della scrittrice. Perché il piccolo canto della Robayo permette di ripensare all'intera figura della donna. Ed è certo che sempre ce ne sia ancora bisogno.

martedì 15 febbraio 2011

Il libro del giorno: Il libro rosso di Carl Gustav Jung (Bollati Boringhieri)
















Carl Gustav Jung lavorò al Libro rosso dal 1913 al 1930 e ancora in tardissima età lo definì l'opera sua capitale. L'opera in cui aveva deposto il nucleo vitale e di pensiero della sua futura attività scientifica. Eppure non volle mai autorizzarne la pubblicazione, e dopo di lui anche gli eredi si attennero alla consegna. Così solo oggi, a ottant'anni dalla sua conclusione e a mezzo secolo dalla morte del suo autore, questo testo straordinario esce dal caveau della banca svizzera in cui era conservato. Il Libro rosso è il libro segreto di Jung, scrigno privato di un'anima che lì si cela nella sua nudità, e che un comprensibile pudore ha inteso proteggere da sguardi curiosi, e si situa al centro di una straordinaria sperimentazione artistica e psicologica che ne fa un unicum nel panorama novecentesco. Quella che Jung chiamerà più tardi "immaginazione attiva" e che fu ampiamente utilizzata in questo volume, è appunto lo strumento inedito di cui egli si servì, nel corso della sua discesa agli inferi, per suscitare i contenuti archetipici della psiche e oggettivarli attraverso il dialogo interiore, la scrittura, la pittura, la scultura. Prefazione di Ulrich Hoerni.

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