“La Venere
Vincitrice e l’ Eva Futura di Villiers de l’Isle-Adam.
“…apparve allora in grandezza naturale la luminosa e trasparente immagine di
una giovane donna, statua carnale della Venus Victrix veramente perfetta, se
mai ne palpitò una su questa terra di illusioni. Massimo Festi, invece, la sua
Eva futura composta e costruita la chiama “Gothic Lolita”, “Geisha”, “Heroin”,
“Curiosa” o, solo, “Una di noi”. La chiama come oggi la donna è voluta e vista,
appiccicata a pezzi di pvc che aderiscono dopo aver soffocato, immobile in
sensualità vestite di seta perché chi si trovi a guardare possa godere,
precocemente, senza chiederlo e magari ancor prima di volerlo. Sono subwomen,
quelle di Festi: femmine sotto, sistematiche come nelle cabine da peep show
dove si vede ma non si tocca o come nelle pagine fresche di autrici che
sbancano raccontando di quando hanno scopato la prima volta, per arrivare
all’ultima. Che abbiano un volto, che possano averlo, rappresenta un dato
facoltativo e secondario, al punto da tenerlo nascosto dietro maschere che travestono
la preferenza all’anonimato da esigenza eccitante spronata di continuo a
rendere confessioni dannate. Ci osservano, le belle e un pò crudeli bambole
imbambolate che fanno del corpo proprio un corpo qualsiasi, seriale e standard
come a VOLER essere riprodotto dalla pittura mediale – da un gesto che si
avventura tra le commistioni rumorose e viziose dei vicoli interminabili dei
mass-media – le cui pennellate decise dal mouse attaccato alla mano (di Festi)
compongono quadri nati nel monitor. Ed ecco sbucarne immagini gracchianti,
disturbate per sembrare proibite o segnate dal tempo impiegato per
raggiungerle, ottenerle, consumarle, andando loro incontro nell’impervio
territorio dell’idoneità estetica e dell’esotismo multirazziale che porta a
provare. L’andreide di Festi parla poco e non consuma, sa guardarci, non si
agita e non sorride. Fulcro della più recente questione donna, sintetizza le
apparizioni nascoste e fascinosamente torbide di volti prelevati e voluti,
perfetti quanto il desiderio, tanto da chiedersi “…se le nostre divinità, le
nostre speranze, sono ormai soltanto scientifiche, perché non possono divenire
tali anche i nostri amori?”.
Stefano Elena (dal catalogo della mostra "FUORIGIOCO", SP Systema Roma 2006)”. (l’opera riprodotta è di Massimo Festi)
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