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giovedì 28 giugno 2012

Le api randage, di Angelo Petrella (Garzanti). Intervento di Nunzio Festa


Le quattro api randage di Angelo Petrella guardano quanto dista Napoli la perfetta dalla Luna fatta imperfetta da Amstrong, specie se per abbattere le distanze s'usano cemento e sogni di gloria economica. Il potente Raul Aragona, dio del cemento, appunto, ha due figli. Anzi il figlio di sangue Manuel e un figliastro, Matteo; il primo ubriacone, il secondo anche peggio: poliziotto. Il titolo, "Le api randage", è una dedica, intanto, proprio a chi cresce nell'alveare, tipo questo della villa degli Aragona a Posillipo, ma che decide di sperimentare un percorso almeno per un po' lontano dalle sue origini. Nei pressi delle api vere, delle operaie vere. In Italia, nell'ex Bel Paese, sta succedendo quella che per primo il giornalista e scrittore Piero Colaprico definirà "Tangentopoli". Eppure, come oggi ieri e domani, si vuol possedere un giornale, nel nuovo romanzo di Petrella questo è addirittura Il Mattino come scalare (e non le montagne ma in finanza). L'immagine d'apertura, cominciamo, può e vuol esser una fotografia dello sbarco degli Usa sulla Luna abbagliata, se possibile, dal '92 dei ministri delle mazzette svelate. La realtà, purtroppo, anche per lo mezzo di quest'opera di Angelo Petrella ci restituisce i nomi di Andreotti - mai trapassato dalla ribaltà - , Fanfani, Forlani, Pomicino - tornato piano piano alla ribalatà - , Gava, Scotti, Scalfaro, Cossiga. Che diventano cereale nella macinata pensata da Aragona per i suoi investimenti per la VivaFin (sarà AraFin poi?), materia prima che non si sbriciola e che però al contempo ingrassa il prodotto finito. Si deve fare un favore alla Dc, per dire, prendendo un quotidiano, e a sua volta farsi il favore immenso di divenire il primo produttore di cemento della cementata e cementante patria italiana. Non manca, di certo, la signorona fedifraga e il delfino traditore, nella tradizione di certi americani più di grido, epperò la loro posizione nella struttura fatta ad arte da Petrella è congeniale al fango della "camorra". Il romanzo si prende gioco della cronaca, manipolandola; servendosi di ritagli di giornali dell'epoca e delle loro conseguenze per le diramazioni della fiction realizzata da Angelo Petrella. L'autore, che in alcuni casi di presentazione per i suoi libri ha parlato di "affresco sociale", e non ha caso lavora come sceneggiatore televisivo pure, ha superato una nuova prova. Perché pensava d'arginare l'andamento del thriller che spontaneamente la sua penna fa nascere, al fine intensificare la battaglia pscicologica dei soggetti attuatori della trama. Ché questo, sempre, è il passo oltre l'ostacolo. Obiettivo acciuffato, possiamo dire. Dove il passato loro, in primis dei quattro personaggi centrali, è preso dal tempo al contrario. E solamente così, dunque, s'arriva a toccare le loro ragioni. Tutte. L'incastro tra i tasselli, poi, si fa deflagrazione, naturalmente quando, senza volerlo, alcune vite che procedono in autonomia per forza di cose acchiappano fatti e fattacci che sono loro territorio quasi comune. Questo libro, possiamo dire, ha un suo gergo. Una corrente che s'inebria del plot. Non siamo solamente in 'affari di famiglia' o 'fatti di stato', magari separatamente, ma nelle due cose insieme, che quindi non solo si mescolano ma si condizionano. Mentre le teste dei personaggi, per giunta non in esclusiva i cervelli dei protagonisti del romanzo, lavorano in continuazione: fino a scoppiare, in tutti i sensi. Sappiamo dall'inizio che Le api randage comincia quasi dove "La città perfetta" aveva lasciato, però a nostro avviso con questa nuova opera letteraria Petrella posa il suo sasso nel selciato della letteratura italiana. Usando gli sghignazzi del thriller, insomma, allo scopo di realizzare un attuale e futuro romanzo italiano.


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