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sabato 28 luglio 2012

Storia segreta del capitalismo italiano. Cinquant'anni di economia finanza e politica raccontati da un grande protagonista, di Cesare Romiti, con Paolo Madron, prefazione di Ferruccio de Bortoli (Longanesi). Intervento di Nunzio Festa.


Poche settimane fa abbiamo parlato del romanzo di Angelo Petrella, "Le api randage" (Garzanti, 2012), che tra le pagine racconta una fantasiosa storia degli anni Novanta, la quale parla delle lotte per la presa del Mattino di Napoli dalla politica-gestione con il tramite del Banco di Napoli. E casualmente adesso scopriamo, giochetti appunto del caso, tra le tante risposte affidate al giornalista amico Paolo Madron dal manager Cesare Romiti in "Storia segreta del capitalismo italiano" che Il Mattino é stato uno di quei giornali dove davvero il potere s'é scontrato per designarne la direzione. Questo dunque valga da esempio per farci capire di che libro stiamo parlando. Perché innanzitutto il termine del titolo "segreta" non può che aver piacere solamente di marketing; in quanto spesso le delucidazioni dateci da Romiti sono retroscena della finanza e dell'economia italiota che tante e tanti già avevano potuto imparare in letture offerte dai medium indipendenti. Ma premesso che Romiti ha realmente fatto la storia dei soldi italici per oltre cinquant'anni, é senza dubbio interessante comprendere che maniera di raccontarsi e guardare alle proprie zone d'influenza e condizionamenti può usare un anziano dirigente delle istituzioni finziarie che hanno caratterizzato i contorni dell'Italia. Siamo nel capitalismo nostrano, proprio. Allora Cesare Romiti non può che ripartire, anche per dovere di mitologie, da Cuccia e Agnelli nel riprendere in mano le fila d'un discorso che recentemente le televisioni hanno voluto interrogare. Dall'avvocato Agnelli e famili a Berlusconi. Per il tramite di Craxi/Ligresti. Ché Romiti parla senza vergogne di sorta. Romiti fu l'uomo della restaurazione Fiat appellata col significativo e palesemente eccessivo "marcia dei Quarantamila", e con questo sfogo racconta oltre duecento amici e avversari tra imprenditori, banchieri, giornalisti. Un libro-intervista che s'aggiunge al "Questi anni alla Fiat" scritto con Pansa più di vent'anni or sono. Pensato anche per sconvolgere dicendo tipo del rifiuto al Silvio Berlusconi che gli chiese di dirigere il suo gruppo mentre era nella vasta famiglia Agnelli. Uno spaccato del capitalismo nostrano che uno dei suoi protagonisti riferisce abolendo pudori di sorta. E se sapevamo, ancora, che solitamente i direttori dei giornali sono scelti dagli azionisti più forti dei gruppi che li mandano in tipografia, non sapevamo alcuni altri dettagli pratici che hanno formato una catena lunga e solida tra finanza-imprenditoria-politica e indietro così.


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