giovedì 31 ottobre 2013

Assassin's Creed IV Black Flag

Tutte le feste di domani, di Veronica Raimo (Rizzoli). Intervento di Nunzio Festa



Quasi esile, ma al punto proprio di diventare sinuosa in somiglianza del corpo stesso dell'autrice, e a incrinature meditate ma improvvise come certi atteggiamenti sempre dell'autrice, la lingua di Veronica Raimo in "Tutte le feste di domani" è piana e leggera, però dotata d'accenti virtuosi che non si fregiano comunque d'ampliamenti barocchegianti - perché si nutrono invece di quel che rimane dalla forza dei personaggio del romanzo. Se la prima scena è quasi banale, quando i coniugi Falsini, Flavio e Alberta, provano a lambiccarsi su come e quanto ristrutturare il loro appartamento di borghesi precisi, puliti e perfetti, alla stregua di scegliere la strada giusta dell'educazione per la loro poverina e ricca figlioletta, la parte vera della storia si dota di luoghi comuni per abbatterli uno per volta. Ché, infatti, i tradimenti da fedifraga impenitente di lei sono macchiati da una specie d'amore che potrebbe o dovrebbe esser antidoto, addirittura, alla solitudine. Per esempio. E contro la noia non sono lanciate le continue provocazioni, sempre da parte della moglie Alberta, in quanto sono garantiti discorsi seri, argomentati e rigorosi. Oltre che resi obesi da una bella quantità di bugie che devono ingoiare e mostrare al professore e "filosofo" Flavio. La trama parte praticamente da quando lei, Alberta è una studentessa affascinante, povera testarda e fortemente di sinistra, che si sta per laureare, lui un brillante e facoltoso professore di Estetica nonché membro della commissione di laurea e collega del più vecchio Giordano, altro futuro amante della donna. Quindi Alberta seduce Flavio. Prima d'esser estratto da questi da una specie di comune che le stava dando l'illusione di sperimentare libero amore in libera casa. E ad Alberta piaceranno assai gli agi borghesi: dal vino di qualità alla possibilità di sputare idealmente sul campo da golf dei suoceri che però agli sposi hanno intestato case. E rivolto una discrezione lineare interrotta soltanto dalle spiate della fidata e onestissima colf, tanto che questa dote della serva alla padrona di casa Alberta - che giustifica e conosce il furto - da fastidio assai. Chiaramente, di certo, per i Falsini tutto è falso. Tranne la noia della signora Falsini. Che fortunatamente conoscerà il giovane scrittore ancora inedito, Carsten. Americano degli Usa che riserverà sorprese non necessariamente soprendenti. Se a Parente è proprio una certa levità ad aver sconvolto, tanto da portare a una netta stroncatura dell'opera, siamo certi che la leggerezza della narrazione è il vero elemento vincente del secondo romanzo di Raimo.  Altrimenti la tormentata esistenza d'un funerale vestito da matrimonio non ci sarebbe potuta interessare. Quindi la scorrevolezza dello stile permette di vedere il meglio celato sotto una lunga serie di dialoghi imbellettati di mascherine e flussi di coscienza provata dei signori protagonisti. Che sono un pezzo di mondo.

Salvatore Brizzi La Porta del Mago

La Porta del Mago
La magia come via di liberazione
Voto medio su 37 recensioni: Da non perdere
€ 15

Nsagate: Letta agli 007, "proseguire le verifiche"

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Sì della Camera al decreto scuola. Dal divieto di fumo all'alternanza scuola-lavoro: ecco tutte le misure - Il Sole 24 ORE

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Cancellieri ai Ligresti: "Contate su di me per Giulia". Alfano solidale. Ma scoppia la polemica. M5s: "Si dimetta" - Repubblica.it

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La letteratura in copertina - Panorama

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mercoledì 30 ottobre 2013

"Nigredo" libro dell'anno per questo 2013 per l'editore I libri di Emil



Nigredo, di Stefano Delacroix è il romanzo della collana Composizioni ( I libri di Emil) che ha maggiormente attirato l'attenzione di lettori e critica nel corso del 2013.

“Si respira, nell'aria, l'aspro odore della Rivoluzione. Lungo le buie strade di Poitiers, nella Francia centrale, il lusso ostentato sovrasta la miseria delle genti del popolo. Occhi iniettati di sangue, assetati di potere, amanti del piacere delle carni, della gloria”. (Valeria Mingolla – Nuovo Quotidiano di Puglia)

“L’autore offre forbite descrizioni storiche al lettore che si intrecciano con una trama interessante, tetra e misteriosa come gli intrugli e le pozioni magiche che si trova a preparare Vincent perchè vuole diventare un guaritore o come molti del suo quartiere parigino lo definiscono l’esorcista. Vuole fare il mestiere del padre, a differenza del padre però guadagnare soldi ingannando poveri bisognosi d’aiuto e senza speranze con preparazioni di medicine naturali. Insomma un ciarlatano dei nostri tempi: guaritore di se stesso più che del male, se pur si professi come Bernardo di Chiaravalle un abile guaritore. Si susseguono episodi tipici di un romanzo noir e storico con riferimenti senza dubbio coinvolgenti e attualizzabili nel nostro presente. È singolare ed è apprezzabile la scrittura di Delacroix colta e mai superficiale nel raccontare il districato destino di Vincent. Bellissimi i riferimenti a Voltaire, Diderot, Montesquieu - i grandi illuministi del 700 francesi e a Rousseau che cita spesso richiamando il concetto di iniquità più che di giustizia e uguaglianza. Eh si è un imperativo che incombe in “Nigredo”: è l’iniquità della vita e della morte, della povertà che alberga nei quartieri parigini e nelle morti disumanizzanti di vittime colpite da malattie dalle quali non si può sfuggire neanche con preparati di erbe e intrugli che sembravano avvelenassero corpi già martoriati.” (Alessandra Peluso – Affari Italiani)


Grande successo di critica e di pubblico per il nuovo libro di Stefano Delacroix dal titolo “Nigredo”edito da I Libri di Emil.

Il libro - Vincent Fernand Daudet, guaritore e realizzatore di pozioni della salute, è un uomo dal passato oscuro, orfano d’arte (il padre era un uomo ‘vissuto pericolosamente’ a metà tra la medicina e l’alchimia esoterica), trafugatore di cadaveri, frequentatore di bettole, avvezzo a miasmi e sollazzi nei postriboli di una Parigi mefitica e pestilenziale, salvatore di fanciulle pudiche, amante di donne fedifraghe, amico di ladri e impostori. Il destino che Vincent ha cucito addosso è quello iniziatico dell’alchimia e dei sentieri esoterici dello spirito. Uno spirito che combina elementi di chimica, fisica, astrologia, medicina, misticismo e religione. L’obiettivo del protagonista è la conquista dell’onniscienza e la creazione di un rimedio a tutte le malattie. E la vita eterna…”
L’autore - Stefano Delacroix è nato a Taranto nell’agosto del 1966, da genitori leccesi. Dopo una lunga militanza giovanile con la band The Act, prodotto da Mimmo Locasciulli pubblica tra il ’94 e il ’97 due album solisti, Ribelli e La Legge Non Vale (ed. Hobo, distribuzione Sony Music). Dedicatosi alla letteratura, pubblica nel 2007 Peristalsi (ed. Il Foglio) e La Memoria del Mare (ed. La Riflessione), nel 2009 Il Sesto (Lupo Editore), raccolta di racconti noir uscita in seconda edizione nel 2012.

Info
I libri di Emil

martedì 29 ottobre 2013

Anna Villarini, Giovanni Allegro Prevenire i Tumori Mangiando con Gusto - Libro A tavola con Diana

Prevenire i Tumori Mangiando con Gusto - Libro
A tavola con Diana
Voto medio su 12 recensioni: Da non perdere
€ 10.9

Margot Hellmiss Curarsi in Modo Naturale con l'Aceto di Mele - Libro

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L'efficace rimedio casalingo per i piccoli disturbi quotidiani
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Marco Pacori I Segreti dell'Intelligenza Corporea - Libro

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Omofobia. Intervista a Delia Vaccarello

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Decadenza Berlusconi, slitta Giunta regolamento su voto palese | Prima Pagina | Reuters

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RADICAL CHIC DI MINO DE SANTIS NELLA NUOVA COMPILATION REALIZZATA DA PUGLIA SOUNDS E XL DI REPUBBLICA



In uscita giovedì 31 ottobre in allegato a XL di Repubblica - Il brano “Radical Chic” di Mino De Santis, tratto dal suo recentissimo album “Muddhriche”, edito da Ululati, etichetta discografica di Lupo Editore, è stato selezionato per la nuova compilation realizzata da Puglia Sounds e XL di Repubblica, che sarà in edicola giovedì 31 ottobre in allegato gratuito al numero di novembre 2013 della rivista musicale. La compilation, distribuita in tutte le edicole italiane, contiene 17 brani selezionati da Luca Valtorta, direttore di XL, tratti da dischi di artisti pugliesi pubblicati negli ultimi 12 mesi. La scelta di “Radical Chic” non è casuale, infatti, il brano si caratterizza per un testo dai tratti ironici e pungenti, nel quale il cantautore salentino non esita a mettere alla berlina un certo intellettualismo sterile, che a volte caratterizza una certa sinistra. Emerge così una critica, senza mezzi termini, a quanti “uomini e donne liberi dal bisogno, con le spalle sempre coperte da papà”,  “gente distinta e raffinata/figli di una sinistra acculturata/che mangia, parla, beve, scrive e fa opinione ma aspetta il popolo per la rivoluzione” disquisendo per ore “sui mali della terra, sulla miseria, sulla povertà”, come della “Palestina, la vivisezione, e poi il buddismo la contro religione. L’islam, la pace, i clandestini”, ed immancabile “poi la buona cucina”. “Radical Chic” è un esempio, dunque, di come il songwriting di Mino De Santis, partendo dalle radici della cultura salentina, si sia aperto verso un immaginario poetico e critico orientato verso temi di rilevanza sociale e politica.

Muddhriche, il disco

“Chi si nutrirà di queste muddhriche, che lascio qui? Non sono gli avanzi, non sono gli scarti della vita, queste note. Sono il dono di chi mi ha cresciuto, mi ha allevato, mi ha librato nell’aria. “T’aggiu crisciutu cu lu pane e senza pane, muddhrica muddrica. Ti ho tirato su con tutto lo zelo possibile”. Risuona ancora nelle mie orecchie. Perché queste sono le briciole, ma sono anche il mio nutrimento, sono ciò che mi ha insegnato ad accontentarmi e godere delle cose piccole e belle. Come gli uccelli, che vivono un’esistenza intera appagati dai manuzzuli, così ho imparato a far tesoro di quello che la storia mi ha voluto regalare. Ci hanno lasciato le briciole, dice qualcuno, ma noi, uomini del sud, tanimu lu coriu tostu e de le muddhriche nde facimu pane”. Mino De Santis

Ogni qual volta si ascolta Mino De Santis, si hanno ben chiare le sue radici, la sua storia, le origini musicali e i suoi ascolti al juke box. La voce e l'ironia amara di De Andrè, ma anche l'impegno di Stefano Rosso o la compostezza di Paolo Conte. Ma per non abbandonarsi a facili semplificazioni, bisogna fermarsi un attimo e rimettere play.
Mino De Santis è a tutti gli effetti un fuoriclasse, unico nel suo genere perché ama ancora raccontare e lo fa come potrebbe fare un fotografo con le sue istantanee, un pittore impressionista nel fermare tutto su una tela o il saggio del paese nel riferire vizi e virtù della sua gente. Con dovizia e ironia.
Anche in questo terzo album "Muddhriche" prodotto dall'etichetta Ululati (Lupo Editore) si raccolgono piccoli momenti di vita quotidiana, come fossero proprio molliche minute ed essenziali, messe insieme per farne pane e nutrimento. Ci sono le "macchiette", i personaggi del paese: "Lu prete" scaltro e smaliziato o la "La bizoca e la svergognata", apparentemente diverse ma "le stesse e l'hanno sempre saputo".
C'è la bellezza e la malinconia degli "Anni" passati tra casa, chiesa e sogni di libertà ma anche il sud amaro dei "Pezzenti"(feat. Nando Popu / Sud Sound System), quegli immigrati trattati come animali tra "patruni e capurali", senza diritti o assistenza, pagati venti euro alla giornata me definiti lo stesso invasori.
E tra mandolino e fisarmonica, si continua a raccontare di quei "Radical chic", quelli bravi a dare definizioni, che hanno così poco da dire ma tanto da parlare.
A poco a poco le "Muddhriche" compongono il quadro di un uomo che, come ben rappresentato dalla copertina del disco, dall'alto, osserva, riconosce, cerca di individuare quelle briciole, le piccole cose che continuano a dargli godimento. È un carnevale di personaggi e situazioni, dove si respira a pieni polmoni l'aria scanzonata di un bonaccio che ama quello che compone perché è il suo modo di continuare a credere al sogno di anarchia.

Tracklist
1.Anni - 2. Fiche cu le mendule - 3. Radical chic - 4. Sutta ‘na chianta te chiapperu - 5. Lu preute - 6. Porta verde - 7. La pizzoca e la sbergugnata - 8. Ieu fazzu gezz - 9. Certi culi - 10. Pezzenti (feat. Nandu Popu) 11.Arbulu te ulie (bonus track)

Mino De Santis, note biografiche
Mino De Santis - La poesia di Fabrizio De Andrè, il ritmo di Paolo Conte, l’ironia “eretica” di Giorgio Gaber, il racconto disincantato di Stefano Rosso, una passione per la big band alla Renzo Arbore. Tutto questo in un solo cantautore: Mino De Santis. Molti di voi si  stanno chiedendo certo chi sia mai costui. I programmi televisivi non lo ospitano e le radio commerciali nazionali non  trasmettono le sue canzoni eppure stiamo parlando di un artista di valore eccezionale. Quando si racconta la biografia di un artista spesso si comincia dicendo “da giovane fece il minatore”, come Tom Jones, oppure “ha lavorato in fabbrica”, per Mino De Santis bisogna usare ancora il presente indicativo e dire: quando non fa concerti fa l’imbianchino oppure il contadino, accettando un po’ tutti i lavori che ha sempre fatto per vivere. Mino non è un ragazzino, è un quarantenne che ha sempre scritto canzoni principalmente per se stesso, per i suoi amici, per quel irrefrenabile bisogno di “raccontare la vita” che ogni vero artista sente bruciare dentro. Solo 3 anni fa  fa ha prodotto il suo primo cd “scarcagnizzu”, venduto solo attraverso i suoi concerti, passato di mano in mano mentre le sue canzoni era possibile ascoltarle su you tube.  A distanza di un anno  nel 2012 esce l'album "Caminante"  accompagnato dal videoclip di 8 minuti ( quasi un corto) "Lu ccumpagnamentu" diretto dal Regista Gianni De Blasi. A luglio 2013 esce "Muddriche" ed è la seconda produzione della nuova etichetta "Ululati" di Lupo editore, anche in questo caso è stato prodotto un videoclip con la partecipazione di Alessandro Haber e Nandu Popu dei Sud Soun System per il singolo "pezzenti" .

Un florilegio critico

“Un artista da seguire…” (Vincenzo Mollica, DoReCiackGulp! RaiUno)

“E’ un carnevale di personaggi e situazioni, dove si respira a pieni polmoni l’aria scanzonata di un bonaccio che ama quello che compone perché è il suo modo di continuare a credere al sogno di anarchia” (Raffaella De Donato)

“Allo sguardo di De Santis nulla sfugge, non un gesto, non una parola” (Raffaele Gorgoni, Tg3)

“Mino De Santis si fa notare per la sua verve ironica, da Gaber saletino” (Tommaso Ricci, Tg2)

“Attraversarsi le note come spettatore disincantato tra parole abusate e “tipi” di ogni giorno. Cerchi una briciola che nutra e la trovi nelle parole-musica, nei treni in partenza, nei colori di un fiore antico, nella voce calda, in un amore” (Sandrina Schito)

"Il Salento trova nuove parole, quelle puntute, del graffio autoriale. Anarchiche quanto basta per tener desto l'animo e l'occhio allo sguardo: quello dritto, che mai s'inchina e fa riverenza. Mino De Santis è così, ama il ridere, il soffio e lo spiffero. (Mauro Marino)

Mino De Santis è un ascolto che il tempo e la pratica portano a metabolizzare. Non è la risata di turno ciò che arriva e resta. Ma un ondulato senso di profondità che scolpisce immagini nella memoria e libera l'ascolto dalla superficialità attorno (Erika Sorrenti e Francesco Aprile)

Mino ha scritto una pagina di canzone popolare vera, del popolo del Salento che si libera dalla pur splendida prigionia del tamburello, dell'organetto e del violino e approda ad un linguaggio nuovo, fatto di dialetto e di italiano colto al volo, masticato, rimasticato e sputato fuori in una nuova forma di colostro, vero alimento con il quale crescere i piccoli. Musica accattivante, di uno che sa suonare la chitarra, la lascia nei suoi accordi semplici, quasi ondeggianti come un materassino gonfiabile sulla bonaccia (Pino De Luca)

Autoironico e impietoso … lo definirei un "verista" per come descrive la realtà sociale e soprattutto quella di tanta umanità. Ha il suo modo singolare di vedere la realtà e di declinarla in versi. E' un sognatore ingenuo e intellettualmente onesto. Insofferente a qualsiasi regola, non scenderebbe mai a compromessi, ha l'anima libera e resta anarchico anche quando non sarebbe il caso. Ha una singolare genialità, un'autentica vena artistica che differisce da qualsiasi accomodante musicalità "popolare" oggi cosi volgarmente e insopportabilmente stereotipata (Giuseppe De Santis)

LUPO EDITORE
Via Monteroni Esterna, CP 93
73043 Copertino (Le)
Tel. 0832.949510
Fax 0832.937767
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lunedì 28 ottobre 2013

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domenica 27 ottobre 2013

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Opportunità di lavoro



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sabato 26 ottobre 2013

IL LIBRO DELL’AMORE PROIBITO DI MARIO DESIATI (MONDADORI). In libreria!



Francesco, detto Veleno, timido e solitario, fino ai quattordici anni è vissuto immaginando vite eroiche e ammirando i coetanei più intraprendenti. Il suo universo quotidiano, nel paese pugliese dove vive, è quello della scuola, con regole e muri che sembrano fatti per essere invalicabili, non certo per nascondere gioie proibite. Fino all’incontro con Donatella Telesca, professoressa di Educazione tecnica. Lei ha il doppio degli anni di Veleno, eppure veste in modo più simile a lui e ai suoi amici Mimmo e Nappi che alle altre insegnanti. Ha la pelle candida, ma nasconde un’ombra che agisce come una calamita sui suoi giovani allievi, siede tra i banchi, ascolta i ragazzi, li guarda come nessuno ha mai fatto prima. Nasce un’attrazione irresistibile, destinata a essere scoperta nel clamore dello scandalo. Veleno scopre allora una solitudine più profonda, l’isolamento di chi supera la linea d’ombra dei sentimenti leciti, e contro la famiglia, contro la norma che gli impedisce di amare, costruisce il suo onore, il futuro, la sua legge che non umilia né separa. Veleno saprà aspettare, costruirà tutto intorno al silenzio dell’attesa, e con gli occhi rinnovati dal desiderio si accorgerà di essere circondato da amori che sono tali proprio perché proibiti... Scritto per frammenti affilati come gli spigoli d’ombra che si stagliano nel sole del Sud, rapsodico ed emozionante come la memoria di una stagione perduta, Il libro dell’amore proibito è un romanzo sul desiderio, sugli amori impossibili e la cieca, folle fedeltà a un sentimento che non ha barriere


MARIO DESIATI (1977), è cresciuto a Martina Franca e vive a Roma. Ha pubblicato la raccolta di poesie Le luci gialle della contraerea (Lietocolle 2004, Premio Viareggio per l'opera prima). Come narratore ha esordito nel 2003 con Neppure quando è notte (peQuod) e ha pubblicato in seguito, con Mondadori, Vita precaria e amore eterno (2006), Il paese delle spose infelici (2008) e Ternitti (2011, finalista Premio Strega).

COLLANA     Omnibus italiani
PAGINE         200
PREZZO         17,50 euro



Un estratto - “Se voi della giuria non ritenete le vostre passioni al di sopra di ogni divieto, vuol dire che non avete mai amato. Non avevo l’età per simili certezze quando, il primo giorno di terza media, fui invitato dal professore di Storia e Geografia a sedermi nel primo banco assieme al pluriripetente e scapestrato Cosimo Nappi. Da tale trascurabile azione sarebbe poi scaturita una serie di eventi conflagrati nello scandalo cittadino di tutti gli anni a seguire. Per raccontarvelo sono venuto nel luogo delle mie preghiere, laddove mi arrovello su bellezza e desiderio. Quando sono in imbarazzo faccio un gioco d’immaginazione e penso di stare tra i banchi di una chiesetta, un posto in cui m’inebrio di una delle tante forme d’amore che ho imparato a scoprire, nascoste agli occhi di voi giurati, uomini retti immuni da ogni scandalo, e forse passione. In questo rifugio torna incessante un insegnamento che serbo come un gioiello antico tramandato dai miei antenati. Quando ero bambino restavo a lungo da solo. Una volta, eravamo nei nostri trulli, mia nonna Comasia, dopo avermi condotto innanzi a un muro, mi confidò che se volevo conoscere fino in fondo cos’era la gioia avrei dovuto trovare un ostacolo da scavalcare. Ero cresciuto circondato da mura, chiuso in casa o nel recinto di pietre a secco della campagna in cui vivevamo durante l’estate. Avevo imparato a farmele amiche. Amavo i muri che dividevano la vigna dalla strada. Costruiti pietra su pietra senza malta o stucco, erano mondi a parte perché tra gli interstizi vivevano bisce, lucertole, scoiattoli, porcospini, colonie di formiche che disegnavano percorsi insondabili, rovi di more e cespugli di corbezzoli. E così quel muretto a secco alto un metro e mezzo era la vita. Il segreto più importante che mia nonna rivelò indicando l’erba rampicante che da terra risaliva lungo la pariete era proprio lì davanti ai miei occhi. E, con l’autenticità di certi insegnamenti che arrivano a segno quando sono impartiti senza piena consapevolezza, disse: «Prendi la gioia più grande, l’amore. L’amore è come l’edera, ha bisogno di un muro per crescere». La via nera di pietra lavica sale verso il porticato, sulla sinistra uno spigolo di calce bianca sorvegliato da un lampione di ferro battuto. La porticina somiglia a una bocca e la facciata a un tetragono monolite dell’Isola di Pasqua. Varcato l’ingresso della chiesa, nella navata spicca la sobria solennità dei semplici: stucchi, noce e incenso. I banchi smaltati scintillano, l’altare di pietra d’Apricena acceca, un pulpito di legno nasconde una scaletta. Percorrendola si arriva alla postazione dell’organo elettrico. La chiesa è dedicata all’Addolorata. Cercatela pure con lo sguardo, ma non troverete nessuna statua della Madonna. È il tesoro, e come tutti i forzieri preziosi viene tenuto lontano da occhi indiscreti e soprattutto infedeli. L’Addolorata è una cappella di identiche dimensioni della chiesa, un perfetto doppione costruito pietra su pietra, sedile su sedile, altare su altare, e addirittura tabernacolo su tabernacolo. Vi si accede da una scala segreta dietro una parete mobile, con gradini così ripidi da doversi aiutare con le mani. Chi mi precede assume la posizione di un alpinista o uno scimmione, non di un fedele. Il corrimano pare una pertica, il soffitto basso incombe con la gravità delle caverne. La cappella al piano superiore è azzurra, forse chi l’ha dipinta ha pensato che fosse meno distante dal cielo. I banchi sono verni ciati d’azzurro e anche il soffitto è azzurro, come il mozzetto – il copricapo che indossano i confratelli nelle lunghe, estenuanti processioni. L’altare è bianco, una lastra di superficie candida, effetto ghiaccio, posata su un tronco di legno glitterato. Accanto all’altare, una grande teca di legno, ancora azzurra, e lì Maria Addolorata. È una donna sui venticinque anni, non sembra addolorata, ma altera, una smorfia sulle labbra, lo sguardo avanti, l’acconciatura del velo nero che si articola in una dozzina di pieghe, i pizzi e i broccati che avvolgono le spalle e scendono sul busto e sulle gambe con l’esuberanza di una colata d’oro fuso. Indossa il mantello viola che richiama il tempo ordinario dell’anno ecclesiastico. Ogni mese due uomini salgono nella chiesa azzurra, preparano la celebrazione della domenica successiva, che si svolgerà a piano terra. La messa qui è un rito speciale, partecipano soltanto i maschi più vigorosi della congrega, gli stessi dotati della forza e resistenza necessarie per trasportare la statua della Madonna lungo la processione al termine della Quaresima, che dura due giorni. Sono votati ai Dolori di Maria, come dichiara il decreto istitutivo dell’oratorio. I due uomini che si stanno per occupare della manutenzione della statua sono entrambi volontari di un’associazione di genieri. Hanno con sé una valigia, da lì estraggono robe che profumano di sapone e pulito, le depongono sulla prima panca sotto l’altare. Aprono il chiavistello di ferro della teca e, mentre la portafinestra si spalanca con un cigolio, trascinano fuori Maria Addolorata per spogliarla. Compiono i gesti con lentezza, immettono in ogni movimento una precisione che per loro è devozione. Il mantello, i broccati d’oro, i pizzi, l’abito cadono giù, la statua resta nuda, sembra il manichino di un supermercato, ha perduto il fascino e lo sguardo altero. Il miracolo della statua è nei vestiti che indossa. Il sacerdote ha fatto irruzione, «No» li rimprovera. «Vestitela abbasc’» comanda ai confratelli senza rivolgere uno sguardo alla Regina, intimorito di poterla vedere senza abiti. I due uomini sono tarchiati, rubizzi. Stavano al radiocomando dell’Italsider, guidavano il carroponte, sovrintendevano agli spostamenti all’interno della fabbrica, hanno visto alcuni loro amici tranciati dalle lame d’acciaio nella notte. Si sono votati in tempo all’amore mariano, prima che calasse la lama della sorte. Affidarsi all’Addolorata per loro è una religione, dedicarsi alla cura di una statua di legno e dei suoi vestiti. La pregano, si segnano e portano quei vestiti impregnati di umido, incenso, polvere alla moglie o alla madre. Se la messa è abbasc’, a loro spetta un compito che pochissimi uomini riescono a portare a termine. Produce inquietudine e un piccolo, segreto piacere da non condividere: il senso di responsabilità, compiere un gesto che nessuno deve conoscere. La Madonna è troppo alta per passare per le scale, e i genieri la spostano al centro della chiesa azzurra, nello spazio tra l’altare e i banchi, uno le tiene ferme le gambe, l’altro l’avvolge con le braccia, come volesse danzare con lei. Il geniere più anziano vive da solo, si è consacrato a Maria, l’unica donna della sua vita. La sua dedizione sfocia quasi nella mania che hanno i solitari, i puri di cuore, i pazzi. Le dà un bacio alle ginocchia, poi l’altro spinge il corpo. S’avverte un colpo secco, il giro in senso antiorario, la statua che stride. L’uomo che tiene in basso le gambe suda, abbracciato al mistero che nei giorni della settimana santa percorre la città e fa segnare migliaia di uomini e donne. L’uomo consacrato a Maria sta facendo girare il busto dal bacino, che ruota fino a svitarsi. I respiri dei due maschi si fanno concitati e pesanti, il fiato caldo della fatica è come se arrivasse sotto forma di vapore alle mie narici, mi scalda i capillari del viso. Maria Addolorata è divisa in due, smontata, il meccanismo carrucolare in mostra, un dente di legno che spunta dal grembo aperto. L’uomo in ginocchio, innanzi alle gambe di Maria, non è consacrato alla Madonna come l’altro confratello anziano, ha una moglie, una sorella e dei nipoti. Uno sono io, assisto alla vestizione e alla scomposizione della Maria Vergine Addolorata da anni. Sin dalla prima volta, quando ero un bambino, ho imparato che esistono amori impossibili, ma talmente grandi e innominabili che non si possono spiegare. L’uomo tremante davanti a Maria Vergine Addolorata, che ogni anno nelle feste di devozione si veste con un sacco bianco e la mozzetta azzurra, la corda stretta in vita, è innamorato di una statua, ma non potrà mai raccontarlo a nessuno. Deve accontentarsi di metterlo in scena durante la settimana santa.”

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Halloween libri | Sette proposte di lettura

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venerdì 25 ottobre 2013

Paramhansa Yogananda Yogananda - Piccole, Grandi Storie del Maestro - Libro

Yogananda - Piccole, Grandi Storie del Maestro - Libro
€ 15

L'intervista di Nicola Porro a Piero Marrazzo - Virus 18/10/13

IL GIOCO DELL’INGANNO di Adele Vieri Castellano (Leggereditore). In libreria dal 31 ottobre - €10 (ebook – data da definirsi)



Venezia, 1796. Lorenza, la giovane figlia del barone Marianin, sa che la attende un matrimonio senza amore e vuole concedersi un’ultima giornata di libertà tra le calli invase dalla folla colorata e festante del Carnevale. Bellissima e spavalda, non sa che la frenesia e la confusione nascondono grandi pericoli per una ragazza sola e sta per essere vittima della violenza di due uomini mascherati. Ma in suo soccorso arriva la più fosca e sinistra delle maschere: la baùta. Chiunque si nasconda dietro quel volto di cartapesta, ha negli occhi e nella voce il fascino della notte che è insieme rifugio dei briganti e covo delle stelle. Aristocratico o spia, la baùta non vuole rivelare il suo nome, trincerandosi dietro la sua fermezza elegante e decisa. Lorenza sa che non riuscirà a dimenticarlo, senza immaginare che poco tempo la separa dall’incontrarlo di nuovo… L’uomo misterioso è un’ombra tra le ombre che si muovono nella fitta rete di inganni della politica veneziana, in cui Lorenza sarà presto coinvolta in un crescendo di rivelazioni fatali e infuocata passione.

AMORE E MARCHETTE di Massimo DONNO alla Feltrinelli Point di Lecce il 27 ottobre 2013



Libreria Feltrinelli Point Lecce - Via Cavallotti 7/a – Lecce, domenica 27 ottobre 2013,  Start ore 19,00

Nelle undici tracce che compongono l'esordio di Massimo Donno c'è il segno di un cantautore che conosce la materia umana, e che ama mescolare l'ironia e la poesia alla quotidianità surreale dell'amore, fino a includere non solo le atmosfere - in un dialogo costante - ma anche le voci del passato prossimo di Pier Paolo Pasolini (nel brano "Tango") o del grande Alberto Sordi (in "Bologna A.D. 2012"), mescolandole al presente delle sue suggestioni autobiografiche, come fa ad esempio nella traccia dal titolo "Il mio compleanno". Un cantautore, Massimo Donno, che non ha paura di guardarsi e, soprattutto, guardarci dentro con il ritmo di una musica leggera e ironica. "Amore e marchette", nuova produzione dell'etichetta Ululati, vanta, tra le collaborazioni di eccellenza, quelle con Massimo Geri (presente anche nel video del singolo "Amore e Marchette", realizzato dal talentuoso regista Gianni De Blasi), Nilza Costa (nel brano "Il bianco ed il nero") e Guido Sodo, nel brano intitolato "La colpa".

"Massimo Donno è un gatto che salta sui tetti della canzone d'autore italiana prendendosene la parte più nobile. Come un gatto ci fa le fusa, ci conquista per poi graffiarci quando meno ce lo aspettiamo. Come un prestigiatore muove le parole tra surrealismo e neorealismo. E' una capriola, una giostra un pugno e uno sberleffo un bacio e uno schiaffo. Cartina tornasole delle nostre vite imbarcate su fragili vascelli" Oliviero Malaspina



Info

LE LOBBY DEL VATICANO di Carlotta Zavattiero. Prefazione di Ferruccio Pinotti (Edizioni Chiarelettere)



“I cammini paralleli sono pericolosi! Quando ci si avventura andando oltre la dottrina e la comunità ecclesiale e non si rimane in esse, non si è uniti al Dio di Gesù Cristo.” Papa Francesco, 19 maggio 2013, Giornata dei movimenti ecclesiali.

“I movimenti possono dare molto alla Chiesa… Ma quando in essi prevalgono le dinamiche del potere e del profitto, la Grazia può andare perduta e la Chiesa, invece di arricchirsi di nuova energia spirituale, sperimenta emorragie debilitanti.” Il cardinale Carlo Maria Martini sul Rinnovamento nello Spirito, 30 ottobre 2011.

 “Qualcuno è arrivato a cedere terreni o appartamenti. Io ho donato un anello con brillanti che avevo ricevuto da mio marito... La continua richiesta di denaro è stata una delle ragioni che mi hanno spinta a uscire.” Marina Bonaccorso, fuoriuscita dal Cammino neocatecumenale insieme al marito Concetto.

“Poco a poco si impara a mentire a se stessi, e lo si fa talmente bene che alla lunga diventa quasi impossibile riconoscere i propri pensieri, le proprie emozioni e la propria autentica natura.” Donatella Lai, fuoriuscita dal movimento dei Focolari.


“C’è un cardinale la cui testa dovrebbe rotolare: Angelo Sodano. Le sue dimissioni sarebbero il miglior modo per ripudiare la sordida maniera con cui padre Marcial Maciel fu protetto per tanti anni a Roma.” Austen Ivereigh della rivista dei gesuiti statunitensi «America» denuncia le protezioni di cui ha goduto in Vaticano il fondatore dei Legionari di Cristo.


“Dobbiamo apparire più di quello che siamo. È il nostro miracolo. Il grande bluff.” Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio.



“Il compito di fare pressione sulla politica è passato ai movimenti laicali come l’Opus Dei, il Cammino neocatecumenale e Comunione e liberazione, che oltretutto si stanno impadronendo di settori importanti dell’insegnamento cattolico.” Francisco Delgado, presidente dell’associazione Europa laica.


Un libro che mancava. Il racconto dall’interno dei principali movimenti che si contendono potere e prestigio nella Chiesa. Non solo. Questi movimenti, di cui l’autrice traccia la storia e l’incredibile ascesa, appoggiata dal Vaticano, sono anche un’occasione per capire quanto la politica italiana sia dominata dal mondo cattolico più integralista.

Gli esempi sono tantissimi. Dal premier Enrico Letta, cattolico di ferro, che appartiene all’Intergruppo per la Sussidiarietà, espressione di Comunione e liberazione, ai ministri Maurizio Lupi e Mario Mauro, di Cl. Contiguo a Cl è anche il ministro Flavio Zanonato. Paola Binetti è numeraria dell’Opus Dei; l’onorevole del Pd Maria Letizia De Torre è dei Focolari; Raffaello Vignali del Pdl è stato presidente della Compagnia delle Opere. Formigoni è memor domini di Comunione e liberazione e Raffaele Bonanni, sindacalista della Cisl, fa parte del Cammino neocatecumenale, come il ministro Graziano Delrio. La lista è lunga.

I movimenti raccontati in questo libro, insieme ai loro leader carismatici (da Marcial Maciel Degollado dei Legionari di Cristo, condannato alla damnatio memoriae per reati sessuali, a Kiko Argüello e Carmen Hernández dei Neocatecumenali), rappresentano una delle sfide più ardue per il nuovo papa. Francesco lotta per una Chiesa aperta, dalla parte dei poveri e degli ultimi, oltre ogni lobby. Ce la farà? Solo la storia potrà dirlo. L’importante però è conoscere, per capire. E questa preziosa inchiesta consente di farlo.


Carlotta Zavattiero, giornalista e scrittrice, collabora con il “Corriere della Sera”. È autrice di diversi libri, tra i quali ricordiamo Giorgio Perlasca. Un italiano scomodo (Chiarelettere 2010), Lo Stato bisca (2010) e Poveri padri (2012), pubblicati da Ponte alle Grazie.

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giovedì 24 ottobre 2013

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