La mappa delle
vicissitudini della cultura borghese, esplorando le cause della sua storica
debolezza e della sua attuale irrilevanza. «Gli studiosi di storia sociale
hanno talvolta dei dubbi sul fatto che un bancario e un fotografo, o un
costruttore di navi e un pastore, facciano realmente parte della stessa classe.
Cosí è in Ibsen; o almeno, essi condividono gli stessi spazi e parlano la
stessa lingua. Qui non c'è nulla del mascheramento della classe
"media" inglese; questa non è una classe di mezzo, offuscata da
quelle che le sono sopra, e ingenua riguardo al corso del mondo; questa è la
classe dirigente, e il mondo è come è perché sono loro ad averlo reso tale.
Ecco perché Ibsen si trova all'epilogo di questo libro: le sue opere teatrali
sono il grande regolamento dei conti del secolo borghese, per usare una delle
sue metafore. Ibsen è l'unico scrittore che guarda il borghese in faccia e gli
chiede: Allora, dopotutto, che cosa hai portato al mondo?» «Il borghese… Non
molto tempo fa, questo concetto sembrava indispensabile all'analisi sociale;
oggi invece possono passare anni senza che se ne parli. Anche se il capitalismo
è piú potente che mai, la sua incarnazione sembra essere svanita nel nulla.
"Io sono un membro della classe borghese, mi sento tale e sono stato
educato alle sue idee e ai suoi ideali", scriveva Max Weber nel 1895. Chi
potrebbe ripetere oggi quelle stesse parole? Le "idee" e gli
"ideali" borghesi: ma che cosa sono?» Inizia cosí lo studio di Franco
Moretti sulla presenza della borghesia nella moderna letteratura europea. Nel
saggio, la galleria dei singoli ritratti si intreccia con l'analisi di
specifiche parole chiave («utile» e «serio», «efficienza », «influenza»,
«comfort», la «roba»), con le mutazioni formali riscontrabili nella prosa di
celebri opere romanzesche (da Defoe, Austen e Flaubert a Goethe, Verga e Pérez
Galdós), e con alcuni riscontri paralleli nella coeva arte europea (da Vermeer
a Manet). A partire dal «padrone lavoratore» del primo capitolo, passando
attraverso l'etica espressa da alcuni romanzi ottocenteschi, l'egemonia
conservatrice della Gran Bretagna vittoriana, le «malformazioni nazionali»
delle culture periferiche, e chiudendosi con l'autocritica radicale messa in
scena dai drammi di Ibsen, il volume traccia la mappa delle vicissitudini della
cultura borghese, esplorando le cause della sua storica debolezza e della sua
attuale irrilevanza.
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