«Rammento le notti
passate a Regina Coeli in attesa del processo. Tutte le sere prima di
addormentarmi dicevo tra me: quando il presidente avrà terminato di leggere la
sentenza e avrà pronunciato la condanna io devo gridare "Viva il
socialismo e abbasso il fascismo".» - Sandro Pertini
Novant'anni fa, il 1°
febbraio 1927, s'insediava a Roma, nell'Aula IV del Palazzo di Giustizia, il
Tribunale speciale per la difesa dello Stato, un organo composto da magistrati
e giudici in camicia nera reclutati tra gli squadristi. Mussolini, dopo il discorso
del 3 gennaio 1925 e l'introduzione delle «leggi fascistissime» - che avevano
soppresso la libertà di stampa, di associazione e il diritto allo sciopero -,
mostrava il suo vero volto, quello di un dittatore disposto ormai a tutto. Per
i nemici del regime, ma anche per i semplici cittadini che osavano criticarlo,
non c'era più spazio per il dissenso. Anzi, non c'era più spazio per la
libertà. Agli imputati, condotti di fronte alla corte e rinchiusi in un
gabbione, non rimaneva che attendere il verdetto: d'altra parte, come potevano
difendersi se l'istruttoria era segreta? Fino al luglio 1943 la magistratura,
sottoposta agli ordini del duce, processerà migliaia di oppositori politici
(tra loro, Antonio Gramsci, Umberto Terracini, Altiero Spinelli, Sandro
Pertini, solo per citarne alcuni) e persone comuni, accusate di spionaggio,
contrabbando valutario, mercato nero... Le condanne a morte, mediante
fucilazione alla schiena, saranno un'ottantina. Eppure, la storia del Tribunale
speciale dello Stato è rimasta sostanzialmente sconosciuta. Poco studiata.
Persino l'imponente biografia mussoliniana di Renzo De Felice, punto di
riferimento irrinunciabile per chiunque si occupi del Ventennio, gli dedica
meno di due pagine. Il libro di Mimmo Franzinelli, basato su fonti d'archivio
sinora inesplorate, riempie questo «vuoto», e lo fa documentando attività e
funzioni del Tribunale, svelando l'intreccio tra persecutori e perseguitati,
raccontando i segreti, assai poco commendevoli, della magistratura di regime:
gli scandali su cui fu imposto il silenzio, le ruberie dei giudici, la
corruzione degli avvocati, le sentenze palesemente truccate, la terribile
situazione in cui vennero a trovarsi le donne, vittime di una giustizia
ferocemente maschilista (il solo essere figlia, sorella o moglie di un
sovversivo comportava l'arresto, senza riscontri oggettivi di reato). Ma
Franzinelli dedica pagine efficaci, ricche di dettagli e informazioni, anche ad
altri aspetti, non meno inquietanti, dell'intera vicenda, come il potenziamento
del Tribunale speciale durante la seconda guerra mondiale e, soprattutto, il
colpo di spugna che dopo il 1945 «perdonerà» quasi tutti i responsabili. In
nome della continuità dello Stato, si doveva archiviare (e dimenticare) un
passato troppo scomodo.
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