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sabato 30 luglio 2011

Ogni donna ama un fascista. Diario antimoderno, di Gemma Gaetani (Vallecchi). Intervento di Nunzio Festa













I versi di “Ogni donna ama un fascista”, le parole infuocate e spesso decisamente sfuocate dell'autrice del senza dubbio più sperimentale “Colazione al Fiorucci store” sono un affronto ai maschi; o al 'maschio', moderno. Per mezzo d'un mai prevedibile “Diario antimoderno”, appunto. Un poema spezzato in diverse fronde, che assume la posizione lavorativa della poetessa ma col fine di continuare a fare beffa sull'Uomo mammone o sull'Ometto 'praticamente' femminista (se non fosse pel pisello, sempre) – supporto dal macho-maschietto, va aggiunto, che non viene preso in considerazione quale realmente strumento per esempio di piacere anzi tutt'al più disegnato per ripensare alla Differenza Unica fra donna e certi homini. Dove si sfuoca, per riprendere, sulla citazione iniziale: il verso di Plath, infatti, è un pretesto più che il viatico che si deve agire per comprendere la raccolta di Gemma Gaetani. I cinque capitoli del libro, in pratica, in rima rompono la monotonia dell'impiegata che nel frattempo legge e vuole rifare le abitudini imposte dalla società. Dove la donna, lavoratrice e amante d'uomini che la vorrebbero solamente a travagliare mentre la coccolano coi sedativi dolciastri di messaggini più che cestinabili, affronta quest'uomo della società odierna per esporre al ludibrio dato dalle donne forse solo d'un tempo e lo mette in un angolino per servirgli il té della commiserazione senza pietas. La poetessa, che cerca la rima o alcune volte l'assonanza e riesce bene con questo a non tramortire il suono già proprio d'un verso fortemente evocativo, è contro le regole del suo lavoro quanto è contro quell'uomo così modernizzato da permettersi il lusso di dichiarare un'elegante parità di sessi quando deve produrre atti invece buoni a risolvere con grazia problemi piccoli e piccolissimi come essenziali per una donna che vorrebbe vivere la propria casa, fare una famiglia e questioncine dello stesso tipo a volte. Tutto il peso della femminilità del soggetto forte delle liriche, insomma, si piazza sopra le abitudini che l'oggi cerca d'imporre e a diversi riesce a imporre. E a parte il fatto che gli uomini sono ripetutamente frustati, per fortuna ci dovremmo consolare col triste e lieto fatto che la poetessa Gaetani decide di dare battaglia, anche lei, alla mostra costante e spettacolarizzata sempre più dell'amica morte (non a caso un passaggio è dedicato a Sara Scazzi e Yara Gambirasio). I versi di Gemma Gaetani non lì dimenticheremo facilmente, e non solamente per il fatto che porta, o dovrebbe condurre, tanti uomini su una strada piena d'autocritica da navigare, ma perché le poesie di Gaetani sono d'una originalità e d'una potenza che supera il livello più alto dell'invettiva. Molto correttamente, Langone spiegava che quel “fascista” del titolo va analizzato nella sua evocazione di senso antropologico e, aggiungeremmo noi, proprio anti-politico. “Ogni donna ama un fascista. Diario antimoderno” non è bello. E' fastidioso e bello. Fastidiosamente bello?

venerdì 3 dicembre 2010

Una lunga incomprensione. Pasolini fra Destra e Sinistra, di Adalberto Baldoni e Gianni Borgna (Vallecchi). Intervento di Nunzio Festa

















Necessario, indispensabile... Quanti aggettivi possono essere affidati a un libro che non è possibile non leggere? E quanti, di più, se lo stesso volume ci racconta dettagli mai indagati che riguardano la vicenda letteraria e umana dell'indomabile maestro, artista e intellettuale, poeta scrittore giornalista saggista critico regista Pier Paolo Pasolini. Non lo sappiamo. Non vogliamo saperlo. E nemmanco saranno usati quelli che subito vengono in mente; ma si provi meglio a comprendere di che cosa, esattamente, dovremmo tutti leggere. In special modo quanti dicono, giustamente e/o ingiustamente, d'essere debitori di Pasolini. Intanto, con alta probabilità, volutamente s'è scelto di dare le maiuscole, nel sottotitolo, ai termini storici “destra” “sinistra”. Con questo libro, fatto a quattro mani, diviso per metà nel racconto di Gianni Borgna (sinistra) e per l'altra metà da quello di Adalberto Baldoni (destra), introdotto da uno scritto sincero e che aiuta a riflettere ancora una volta, ovviamente a stesura del filosofo Marramao, oltre a scoprire alcuni aspetti che, forse per nostra ignoranza, non erano noti sulle opere del Pasolini senza salsa piccante e sulla sua vita, si potrebbe una volta per tutte spegnere alcuni fuochi morti del cugino Naldini e di varie penne, seppur in altro molto più attente, vedi ovvero Belpoliti. Entrambi gli autori, per cominciare, e Borgna è stato anche molto più vicino a Pasolini di Baldoni, parlano con una sincerità di fondo che traspare. Entrambi, poi, offrono a lettrice e lettore che sia piccoli e grandi punti, non oscuri forse ma taciuti, che su Pier Paolo Pasolini non erano noti almeno ai più. E lo fanno con un linguaggio oculatamente 'divulgativo'. Tralasciando alcuni piccoli passi dove Adalberto Baldoni, comunque, non riesce proprio a convincere, ma si tratta davvero – va riconosciuto – di poche circostanze, il merito del racconto a due, con il quale tra l'altro, per esempio, gli autori citano momenti che si toccano e quasi combaciano, o perlomeno s'incastrano, è d'aprire finalmente una lettura non politicizzata delle opere. Nel senso di non invischiata nelle strategie di partiti e sette. Anzi mettendo a nudo le piccolezze, e persino molte bassezze, non solamente della sinistra ufficializzata ma persino della destra in tutte le sue forme. Compreso il centro da Pasolini condannato: che era la DC. Perché è proprio vero che, per buona parte dei suoi rappresentanti della dirigenza: “la destra lo detestava per le sue idee e soprattutto per la sua dichiarata omosessualità; la sinistra, che pur lo annoverava tra le sue file, non accettava molte delle sue analisi anticipatrici e ancor meno la sua irriducibile autonomia di pensiero. E anche il mondo cattolico, di fronte alle sue opere, si divideva tra estimatori e detrattori”. Il libro potrebbe chiudersi nello sviluppo di quest'anomalia. Ma in più abbiamo la testimonianza, su tutto, che molti degli studenti dell'assalto di Valle Giulia erano fasci: con ciò che ne consegue: soprattutto in quanto Pasolini di questo non era assolutamente a conoscenza. Poi, viene benissimo fuori la diversa predisposizione del Baldoni e del Borgna. Che entrano nei libri, nei film di P.P.P. comunque con rispetto. E infine non sono solamente gli autori a parlare. Nemmeno solamente Pasolini e le sue opere. Oltre le poesie, invece, s'aprono diversi testimoni di quell'epoca. Ci scuseranno, in definitiva, gli autori del pregevole “Una lunga incomprensione” se però non ci viene voglia di leggere altri scritti loro, ma semplicemente di riprendere in mano tutti i libri che abbiamo in casa del maestro. Pasolini, d'altronde, ha letto questi tempi. Da altri tempi. Come hanno testimoniato, su tutti, le commissioni parlamentari che decenni dopo la morte del nostro poeta hanno scritto delle malefatte 'acclarate' del Potere. Come raccontano i sempre fervidi intrighi del Palazzo. Le lucciole morte in buona parte della clerico-fascista Italietta che prova a fare l'America dopo aver sfottuto l'Urss. Approfittiamo dell'occasione, per giunta, a ricordare che recentemente Effigie ha ripubblicato “Questo è Cefis”, libro inchiesta che in un certo senso sta alla base dell'incompiuto “Petrolio”. Per giunta, ricordiamo ancora che abbiamo bisogno di avere la verità sulla morte di Pier Paolo Pasolini.

Una lunga incomprensione. Pasolini fra Destra e Sinistra, di Adalberto Baldoni e Gianni Borgna, prefazione di Giacomo Marramao, Vallecchi (Firenze, 2010), pag. 342, euro 16.00.

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